Tra religiosità e modernità

Tra religiosità e modernità

La sconfinata produzione di Aldo Capitini – filosofica, pedagogica, politica e letteraria – costituisce una miniera inesauribile di riflessione e discussione: impregnata di una appassionata freschezza intellettuale, travalica il suo tempo offrendo spunti estremamente attuali.  Ne parliamo con Roberto Fantini che da poco ha pubblicato per Graphe.it il testo Un nuovo modo di sentire. La religiosità “aperta” di Aldo Capitini

Cosa è esattamente il “nuovo modo di sentire”? In che senso “nuovo”?

Tutto il pensiero e tutta l’esistenza di Aldo Capitini sono caratterizzati da un senso di profonda insoddisfazione nei confronti del “mondo così com’è”, nei confronti, cioè, di una realtà fondata sui privilegi dei pochi, sulla tirannia dei violenti, sulla sottomissione dei deboli e sull’esclusione degli “ultimi”. E da questa insoddisfazione scaturisce la sua volontà di ribellione, la sua voglia teorico-pratica di immaginare e di costruire una realtà radicalmente diversa, dove al centro del Tutto ci siano i Tutti, dove ad ogni singolo individuo venga conferita “infinita importanza, un suo posto, una sua considerazione, un suo rispetto ed affetto.

Per raggiungere un mondo liberato dal dominio della violenza (e, quindi, da ogni forma di discriminazione e di oppressione), occorrerà operare una vera e propria rivoluzione culturale, occorrerà scardinare antiche gerarchie valoriali e paradigmi fossilizzati.

Occorrerà far nascere un nuovo modo di rapportarsi al mistero della Vita, basato su un sentimento di armonia cosmica, su un atteggiamento di umiltà rispettosa e di affratellamento agapico. Occorrerà, quindi, soprattutto: “un nuovo modo di sentire”!

 

In che modo aiuta l’apertura?

Questo “nuovo modo di sentire” dovrebbe comportare, prima di ogni altra cosa, un movimento interiore di scoperta e di incontro con il centro della nostra coscienza, con la presenza in noi di un Dio intimamente ed infinitamente vicino, fonte luminosa di un amore senza confini. Da ciò dovrebbe scaturire, poi, un movimento verso l’esterno, tale da aprire il nostro centro all’esistenza di tutti gli esseri, soprattutto di quelli più esclusi e svantaggiati, oltrepassando e dissolvendo le barriere e le distanze che ci separano dalla Vita che scorre nell’intero universo. Capitini, quindi, si pone come educatore-profeta di un mondo nuovo, liberato dai millenari schemi dominanti che inducono a giudicare, a separare, a contrapporre e a gerarchizzare. Come annunciatore e costruttore, cioè, di una realtà liberata, infinitamente aperta all’incontro, al dialogo, allo scambio, all’esperienza gioiosa di un Amore unificante.

 

Non-violenza e non-menzogna: due concetti difficili da attuare nel periodo del fascismo. Come li affronta Capitini?

Certamente. Nonviolenza e nonmenzogna rappresentano cose ben difficili da ospitare all’interno di un regime come quello fascista, tutto imperniato sull’esaltazione della forza e sull’impiego sistematico della retorica e della mitologia innalzate all’ennesima potenza, in vista dello stravolgimento di qualsiasi verità. Secondo Capitini, come per Gandhi, contro ogni sistema basato sulla violenza e sulla negazione dei diritti umani, occorrerebbe, prima di tutto, fare ricorso alla prassi della noncollaborazione, in modo da non contribuire ad alimentare il consenso e in modo da rendere faticoso il funzionamento della macchina governativa. La noncollaborazione implica scelte coraggiose, anche se non necessariamente eroiche, scelte che, se venissero attuate con una buona compattezza, potrebbero riuscire ad arginare e a ridimensionare considerevolmente lo strapotere di ogni sistema liberticida.

 

Parla di una “scelta vegetariana”. Ce ne spiega la valenza?

La scelta vegetariana è da intendersi in chiara sintonia con il personale cammino evolutivo di Capitini. Nasce, cioè, dalla sua pragmatica volontà di espulsione della violenza dall’ambito della propria esperienza quotidiana. E nasce dalla convinzione che tutto si leghi, che tutto sia in stretta relazione al tutto e che, quindi, il dire No alla violenza nei confronti dei nostri fratelli animali possa contribuire fattivamente ad affermare e a diffondere un rifiuto sempre più determinato e coerente dell’impiego della violenza anche nei confronti del mondo degli umani. Insomma, il vegetarianesimo fu per lui un modo molto concreto per cominciare a ribellarsi a tutta quella realtà osannatrice e adoratrice della forza che trovava nel fascismo la sua massima e perversa incarnazione, un modo umile ma anche potente di affermare l’assoluta centralità del valore del rispetto della Vita, andando ben oltre le semplici dichiarazioni di principio.

 

Cosa significa liberare la religiosità dal clero?

La critica accesa e ricorrente di Capitini nei confronti del mondo ecclesiastico non è certa una forma di polemica vuota o ideologicamente preconcetta. Il suo rifiuto nei confronti della Chiesa cattolica è da mettersi, innanzitutto, in relazione alla scelta vergognosa dei Patti Lateranensi, con cui venne stipulato un accordo strettissimo con Mussolini, un dittatore dalle mani sporche di sangue, che avrebbe presto trascinato il mondo nell’abisso di guerre sanguinose. La Chiesa contro cui si scaglia è, quindi, quella preconciliare, quella dei facili anatemi e delle scomuniche, nonché, ancora, quella dell’Indice dei libri proibiti (nella cui lista verrà inserito, a metà degli anni ’50 il suo Religione aperta!). La Chiesa contro cui Capitini si trovò a combattere, pertanto, è quella che lui intende come massima espressione storica del cosiddetto “sacro di esclusione”, un’istituzione, cioè, autoritaria e assolutistica, dogmaticamente chiusa e intollerante che “divide gli uomini in sacerdoti e laici, e divide i morti in beati e dannati nell’eternità”. In alternativa ad essa, egli elaborerà e diffonderà, in tutto il corso della sua esistenza, il cosiddetto “sacro di apertura”, basato sulla voce della ragione nella coscienza, sul rispetto delle opinioni di tutti, sul sentimento dell’”unità amore con tutti” e sulla convinzione che la salvezza rappresenti il nostro comune finale destino.

 

Elisa Cutullè

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