“IAIN CHAMBERS:DAL CORPO COLONIZZATO AL CYBORG”

Durante il convegno: “Frontiere del corpo/frontiere dell’identità” Iain Chambers ha tentato nel suo intervento di delineare il percorso che si ha avuto nel corso dei secoli dal corpo colonizzato fino a giungere al cyborg. Qual è la relazione o più precisamente la prossimità che intercorre tra i due? In entrambi i casi si tratta di un corpo che è stato costruito e governato da poteri che lo hanno reso un oggetto di studi e di ricerca, ma anche, allo stesso tempo, un oggetto da controllare, da soggiogare e da disciplinare. Nonostante tutto però il corpo ha avuto modo di acquisire il potere di rispondere e di farlo usando il linguaggio che precedentemente lo ha negato e subordinato. L’oggetto, secondo Chambers, risulta così essere un soggetto storico, un soggetto che acquisisce il senso dell’identità con i linguaggi che ritornano e riecheggiano nel corpo. Inoltre, citare una relazione tra il corpo colonizzato ed il corpo completamente costruito e colonizzato dalla tecnologia – il cyborg – serve anche per introdurre l’idea del sublime, che allo stesso tempo può essere sia attraente che repellente. Il tutto parte dall’incontro inquietante con l’alterità, sia nella forma del corpo non europeo (inteso sia storicamente che culturalmente) che nella forma del corpo non naturale, e cioè la macchina e tutte le tecnologie che vengono ad essa associate. Storicamente – e questo è un discorso che non è valido solamente in occidente – la costruzione dell’IO, come costruzione sessuata, etnica, storica, culturale ed individuale ha usato l’altro come via, come mezzo. L’indebolimento di questa relazione Chambers la vede nel rifiuto dell’altro come specchio di noi stessi porta ad una crisi dell’identità, coadiuvata anche dalle precarie e variabili situazioni politiche e culturali. L’idea di razza, di identità, perfino dell’umano ed il corpo come il luogo di collocazione della verità, viene confrontata con il permesso di uscire dal proprio tempo per potersi collocare in un altro. Per ritornare sulla considerazione dei poteri che operano sul corpo – sul corpo in vista delle leggi e delle logiche tecnologiche, scientifiche, sessuali e razziali – bisogna ripensare a questi meccanismi non come a strutture astratte, ma come a organismi culturali, configurazioni storiche, ma anche come a processi storici e sociali. La costellazione storica odierna rivela una situazione che è evidentemente frantumata dai differenti processi di globalizzazione. Come è da intendersi la globalizzazione? E’ una tendenza di maneggiare la storia, la cultura, ma prima di tutto l’economia politica come ad un sistema mondiale che è nato con la modernità stessa. La possibilità di ridurre il mondo ad un singolo ed unico punto di vista, da cui dirigere la sua economia, la sua politica, la sua storia è appunto un processo iniziato dalla modernità occidentale. Importante è a questo proposito le prospettiva rinascimentale, che tendeva alla distribuzione dei soggetti e delle prospettive in base allo sguardo dell’osservatore. Ed è in questo periodo, sottolinea Chambers, che per la prima volta si parla di dislocazione e di decentramento di tali poteri e linguaggi quando l’altro – inteso sia come soggetto storico subalterno che come cyborg – risponde, invitando ad abbandonare i confini della “casa” come una struttura fissa, ancorata a delle radici tradizionali. Si potrebbe pensare che la filosofia post-umanista non contempla la rinuncia all’umano, al contrario, annuncia un qualcosa che è ancora più umano e che tenta di diventare un umano universale, ma che presenta dei limiti, limiti iscritti nella contestualizzazione del corpo, della storia, del potere e della conoscenza che parla. In questi limiti è dove Chambers colloca il cyborg, l’altro che come tutti gli altri diversi “si rifiuta di essere “l’altro” e cioè rifiuta di rimanere a distanza, separato, come un oggetto di desiderio e di potere. Abbastanza strano – e qui Chambers si rifà a Donna Haraway – è dunque il cyborg e nella sua estrema stranezza porta alla riflessione. Nella combinazione e nella contaminazione dell’umano e della macchina, nella simultanea estensione dei desideri personali e della desiderata divisione dalla macchina, nel miscuglio di organico ed inorganico, viene messa in discussione l’autonomia psichica e fisica. Si viene invitati in un certo senso, ad entrare in quel luogo in cui si verifica il passaggio tra il pericolo ed il potere di conservazione e, per citare la nota definizione heideggeeriana della tecnologia, “per pensare ed agire in un modo diverso”. In che modo allora si può uscire da questa frattura tentando di costituire un’unità corporale? Un’unità nasce dall’omogeneità dell’identità nazionale ed individuale, per cui Chambers conclude con l’affermare che se il corpo colonizzato, come pure la macchina ed il cyborg, è stato parte integrante per la definizione dell’esistenza, allora bisogna conoscere l’eterogeneità: è l’unico mezzo per la formazione dell’identità culturale.

 

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