CAINO: UNA VITTIMA DELLE CONVENZIONI SOCIALI!

Nella cultura cristiana Caino è sempre presentato come il fratello invidioso che ricorre all’omicidio, o meglio al fratricidio per darsi soddisfazione. Ben diversa è l’interpretazione che vi viene data nella poesia Kain, in cui questa figura viene presentat al lettore di ribelle . La poesia di Mühsam fonde elementi ebraico-cristiani con elementi antichi: il tema è preso in prestito dall’antico testamento, mentre il ritmo e il linguaggio richiamano gli antichi versi epici, conferendogli un carattere patetico e nello stesso tempo monumentale. Il discorso tenuto da Caino ai discendenti onesti e giusti di Abele, deve il suo impeto e la sua dinamicità al linguaggio. Caino appare come un uomo molto impavido, una persona che non teme di affrontare i pugni e le fruste del mondo. Caino sa bene che il resto dell’umanità è costituito dalle persone buone e oneste, che per la loro rettitudine risplendono di una luce solare, ed è così che egli tenta di sfidarli e condannarli per il proprio marchio. È dunque una poesia in cui l’io lirico si rivolge al mondo. Interessanti sono le modifiche che Mühsam ha apportato rispetto alle fonti bibliche. Prima di tutto il fratricidio non viene raccontato, come nella Bibbia, da un punto di vista neutrale, ma dal punto di vista di Caino. Egli, infatti, dopo aver sfidato i discendenti di Abele a disprezzarlo, chiede loro di tramandare questo disprezzo anche ai loro figli, perché è stato lui ad uccidere il proprio fratello, nonostante fossero stati nutriti dallo stesso cordone ombelicale. Tutta la poesia è costituita da un monologo interrotto solo nella parte centrale, da un resoconto di un breve dialogo con Abele, che riprende lo svolgimento dei fatti prima dell’omicidio. Abele, per il suo grande timore di Dio, aveva ricevuto da questi la prosperità e la tranquillità, ma non la modestia. E così un giorno, Abele fa notare a Caino l’enorme differenza che ci sono tra i possedimenti dell’uno e dell’altro: il raccolto di Abele è abbondante e ben maturo, mentre quello di Caino è sparuto e dall’aspetto malato; il bestiame di Abele è grasso e allegro, mentre quello di Caino è denutrito malaticcio. Solo alle parole del fratello Caino si accorge della lampante differenza e così decide di seguire l’esempio del fratello e offrire sacrifici a Dio, per ottenere il miglioramento delle proprie condizioni. Caino, non conoscendo il profondo valore del sacrificio, e cioè che il sacrificio doveva essere fatto con tutto il cuore e offrendo le cose a cui si tiene di più, incomincia a preparare tutto per il sacrificio: raccoglie solo i rami secchi degli alberi, per non compromettere il raccolto e decide di offrire in sacrificio un capo del suo bestiame già gravemente ammalato e con ben poche speranze i sopravvivere. Dopo aver ucciso la povera bestia, la porta sull’altare e accende il fuoco. Il rito sacrificale, però non sembra partire con il piede giusto perché Caino non riesce a intonare nessun canto; le cose però non si fermano qui, perché il fumo che sale dal rogo è così nero e velenoso che fa seccare anche le ultime spighe rimaste nel campo di Caino. Abele vede che il fratello comincia a spazientirsi e così gli spiega come bisogna strutturare un rito sacrificale: prima di tutto bisogna sacrificare qualcosa di prezioso, poi bisogna cantare dei canti di gioia ed infine bisogna utilizzare dei ramoscelli verdi, ancora pieni di vita. Tutto quel che si vuole offrire al Signore, deve essere giovane, in buona salute e puro. !
Se, invece, si vuol tentare la pazienza di Dio, con un comportamento capriccioso, allora si deve prendere in considerazione l’evenienza che si venga esposti alla punizione divina. Le parole di Abele, dirette a fin di bene non ottengono però l’effetto sperato: infatti Caino, spazientito dalle troppe norme da seguire, si irrita e decide che se Dio vuol ricevere come offerta una cosa preziosa, giovane e pura, allora gli offrirà quel che di più prezioso possiede: suo fratello. La scelta di Caino viene dunque presentata non come una decisione spontanea, ma come una decisione forzata dagli eventi. Mentre Caino nel racconto biblico accetta la condanna per il fratricidio per volere divino , qui Caino dimostra resistenza. Dopo aver ucciso Abele inarca il suo petto, ed innalza il suo pugno serrato verso il cielo. Questo suo disprezzo del volere divino, ed il suo sacrilego omicidio, fanno in modo che dal rovo infuocato si alzi un frammento di brace che si posa sulla sua fronte, imprimendovi per sempre il marchio. Il dolore fu talmente grande, che il grido emesso da Caino svegliò tutte le persone del circondario e mise in agitazione le bestie. Dopo che gli altri pastori avevano scoperto l’atroce fatto commesso da Caino, lo volevano lapidare, ed egli dovette fuggire. La usa fuga però non avrà mai termine, perché il marchio impresso sulla sua fronte, lo farà riconoscere in ogni parte del mondo che visiterà. Nonostante dunque, Caino sia stato scacciato dagli altri uomini e continui a vivere emarginato, non accetta la sua condanna, ma continua ad inveire contro Dio, e contro la gente che osserva minuziosamente i suoi precetti. Caino non si pone solo contro il volere di Dio, ma arriva persino a criticare Dio e, indirettamente, tutti quelli che in qualche modo cercano di condizionare la scelta degli altri. Anche gli avvenimenti vengono giudicati in maniera diversa: il fratricidio non viene condannato, ma spiegato e Caino diventa una figura positiva in cui identificarsi. Egli è colui il quale dubita, che riflette continuamente in merito all’origine di ogni vita, mentre suo fratello crede ciecamente in Dio e gli ubbidisce in tutto, Caino dubita del significato del sacrificio ed è anche per questo che Dio non esaudisce mai le sue preghiere. Il marchio di Caino, dapprima simbolo della sua espulsione, ora diventa lo strumento della sua accusa. Caino non si ribella solo alla diversità tra lui e il fratello, ma alla divisione dell’umanità in buoni e in cattivi, in ricchi e poveri e definisce Dio “il dio dei ricchi”. !
L’ultima strofa della poesia in cui Caino richiede espressamente che gli venga dato quel che gli è dovuto rappresenta il passaggio dal mito alla realtà concreta: Caino si ribella ad un ordine sociale che si avvale del diritto di dividere le persone in abbienti e meno abbienti. Caino diventa, per il lettore, il portavoce di quella parte dell’umanità che è stata diseredata e sfruttata . Il lettore del Kain non doveva solo identificarsi con la figura del ribelle, ma doveva anche cercare di provare compassione nei confronti delle vittime della società . L’intento principale che Mühsam si proponeva con questo giornale era quello di rendere pubblica la sua critica nei confronti dell’imperialismo. Mühsam però non poteva collegarsi ad alcun movimento sociale e così il suo spirito lo avvicinò agli attivisti, che miravano ad un rinnovo della società per mezzo dello spirito . Anche se Mühsam non divenne mai un loro membro a tutti gli effetti e non considerasse (ancora!) lo scrittore come la persona più adatta ad assumere la posizione di guida spirituale di un movimento di rivolta, condivise l’idea che il binomio letteratura-politica potesse essere produttivo. Dalle sue esperienze italiane era giunto alla conclusione che nell’Europa del sud il movimento anarchico si poteva riallacciare all’antica tradizione delle sommosse politco-sociali. Il ruolo del rivoluzionario viene dunque occupato dall’emarginato; o in generale, da colui il quale è stato condannato perché ha infranto qualche norma. Scegliendo volutamente Kain come nome del suo giornale, egli si rifà coscientemente alla tradizione rivoluzionaria che non vedeva in Caino il fratricida, bensì il primo ribelle dell’umanità. Figure simili a Caino, come per esempio Prometeo, erano già assunte durante il romanticismo come personificazioni dell’idea di ribellione. Questa storia di anarchia sociale, sviluppatasi nel clima della bohéme rappresenta per Mühsam il trait-d’union tra anarchia artistica, di carattere individualista di Mühsam ed il suo desiderio di diventare un anarchico anche dal punto di vista politico. Ecco dunque che alla figura del ribelle si affianca la figura dell’artista, i cui meriti nella società guglielmina venivano raramente riconosciuti. In un primo momento queste sue idee di anarchia artistica portarono Mühsam ad assumere una posizione quasi da emarginato, ma nel clima propenso della bohéme, l’artista assume un ruolo attivo: a fianco dei diseredati e degli oppressi deve combattere per una società più umana .!
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bibliografia:
La figura del ribelle nella poesia si può vantare di una lunga tradizione. Prometeo, rivale di Zeus, è il prototipo di tutti i ribelli e contestatori. Il ribelle trova corrispondenza in Lucifero, l’angelo ribelle della tradizione giudaico-cristiana. Dato che trattare con il materiale satanico richiedeva una certa dose di empatia con l’orgoglio ferito e le sofferenze di satana, questo argomento viene ripreso la prima volta nel Barocco fino a diventare, nel periodo di Goethe e nel Romanticismo, sarà l’argomento preferito. !
Cfr. Genesi “La mia colpa è troppo grande perché possa continuare a sopportarla. Vedi, oggi mi scacci dal mio campo ed io mi devo nascondere al tuo cospetto”; !
Caino diventa il primo ribelle ed un simbolo per le contestazioni che nascono dalla disuguaglianza. !
Cfr. D. Köhnen op.cit., p.137!
Degli attivisti che inizialmente pubblicarono i loro articoli nel giornale Aktion diretto da Pfempfert e dopo negli annali “Die Erziehung2 a cura di A. Wolfenster, facevano parte Ernst Bloch, Gustav landauer, Max Brod, Kurt Hiller, Kurt Pinthus, Ludwig Rubiner e altri. Lo scopo che si prefiggevano era quello di riuscire a promuovere una sommossa spirituale e ciò per mezzo di una società. Questo tipo di comunità doveva crescere in un modo naturale ed organico per riuscire a contrastare il sistema sociale basato sull’utilitarismo. !
Si veda in proposito l’opera di A. Camus Der Mensch in der Revolte, Hamburg 1953!
Cfr. L. Baron The ecletic Anarchism..;, cit., p.65!

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