“Un improvviso fragore di piatti d’argento rotolati al suolo. È caduta qualche cosa? No, zitti, si suona”.
Nei “ruggenti anni Venti” la musica jazz irrompe come un ciclone nel ritmo compassato della vecchia Europa, abituata a ruotare a passo di valzer. La Francia è il primo e più accogliente porto europeo per i nuovi brani che provengono dall’America, espressione di un desiderio di divertimento e della necessità di dimenticare in fretta gli orrori e le devastazioni della grande guerra.
Quella sinfonia dell’irrequietezza, di sottane corte e gambe in aria, che Josephine Baker trasforma in selvaggia seduzione, si presenta agli osservatori e ai critici come un’orgia di suoni e di movimenti, di evasione e di irrazionalità. Gramsci, che nei suoi scritti dedica al jazz solo due appunti occasionali, sembra tuttavia intuirlo perfettamente: in quegli anni a Parigi si gioca l’egemonia culturale dell’intero paese e, considerata la rilevanza della Francia, anche dell’intera Europa, spiega il giornalista e saggista Roberto Franchini nel libro “Gramsci e il jazz”, in libreria il 27 settembre per le edizioni Bibliotheka (90 pagine, 12 euro). “Egli teme – spiega l’autore – che finisca per prevalere una cultura elementare e ripetitiva, poco incline alla riflessione, capace di impadronirsi del corpo prima ancora che della mente. Teme una società massificata, consumista, semplificata, meccanizzata, dove il jazz si intreccia con le fabbriche tayloristiche e le città americane popolate di grattacieli”.
Gramsci coglie la capacità prensile del jazz di fare breccia nei gusti degli europei: musica sì, ma per ballare (ci ritornerà poche righe dopo). Europei, certo, ma di una precisa classe sociale: la borghesia colta e più internazionale. “Questa musica ha veramente conquistato tutto uno strato della popolazione europea colta, ha creato anzi un vero fanatismo”. Gramsci va oltre, spinge lo sguardo a immaginare gli effetti di quella musica e di quella danza.
Già direttore dell’Agenzia di informazione e comunicazione della Regione Emilia-Romagna, presidente della Fondazione Collegio San Carlo di Modena e del Festival filosofia, Roberto Franchini ha pubblicato di recente Il secolo dell’orso (Bompiani), Prigioniero degli altipiani (La nave di Teseo), L’ Ultima nota. Musica e musicisti nei lager nazisti (Marietti 1820) e Magone. Declinazioni di uno stato d’animo (Oligo 2024).