I fantasmi di Dorian

Raimund Widra (Lord Henry Wotton) und Mira Fajfer (Dorian Gray) | Foto: Martin Kaufhold

Nella messa in scena di Alexander Nerlich, il narcisismo di Dorian Grey si manifesta in un limbo emotivo. La storia si svolge in soffitta, dove Dorian (Mira Fajer) ha collocato il quadro che invecchia al posto suo. Questo quadro, tuttavia, non si vede o, meglio, si vede solo la parte posteriore. Il quadro emana luce, in contrasto con la bruttezza, le malefatte e la degenerazione  che di Dorian che assorbe. Forse è proprio l’energia rubata che crea questo fulgore?

Alexander Nerlich (regia), Thea Hoffmann-Axthelm (scenografia) e Zana Bosnjak (costumi) decidono di non raccontare la storia in maniera lineare. I tre portano il pubblico ad addentrarsi nella psiche (malata) di Dorian, talmente malata da non riuscire più a distinguere la fantasia e realtà, tra desiderio e ossessione, tra giusto e sbagliato.

È un filo sottile, che richiede estrema attenzione non permette la minima distrazione, altrimenti si perde l’essenza della storia: l’incapacità umana di accettare le conseguenze delle azioni scaturite dai propri desideri. Nonostante si cerchi di lasciarsi trascinare dall’inconscio, alla fine la coscienza prevale dolorosamente.

 

Elisa Cutullè

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