Armando Palmegiani e Ruggero Perugini, che per anni ha diretto la Squadra antimostro di Firenze, rivivono e analizzano nel testo Un uomo abbastanza normale (Armando Editore, 2022) quel terribile periodo di sangue e orrore che lungamente ha reso terrificanti le notti nelle campagne toscane.
Sono passati trent’anni dalla chiusura dell’indagine che portò all’arresto di Pietro Pacciani e i compagni di merende, ed è giunto il momento di ripercorrere gli eventi che hanno portato a queste catture.
Ne parliamo con Armando Palmegiani.
Il mostro di Firenze è un capitolo “scomodo” della società italiana. Cosa significa ri-occuparsene 30 anni dopo?
Da un lato è tutto più difficile, che non si può “lavorare” sulle tracce elettroniche come tabulati e cellulari che ormai sono diventati uno strumento indispensabile nelle investigazioni moderne o rielaborare proficuamente le tracce con le metodiche genetiche, ma dall’altro lato permette di affrontare un caso senza la pressione dell’opinione pubblica che, spesso giustamente, desidera una risposta.
Come era occuparsi di Profiling 30 anni fa? Cosa significa ricercare il marchio di Caino?
Erano gli albori e Ruggero Perugini imparò, anzi per essere precisi collaborò, con i grandi dell’epoca tra cui i famosi Robert Ressler e John Duglas che hanno buttato le basi investigative per quanto riguarda gli omicidi seriali. Iniziò tutto 30 anni fa.
I media hanno “creato” il mostro: che impatto ha avuto questa rappresentazione sulla coscienza sociale?
Il mostro si è creato da solo se vogliamo, una serie di otto duplici omicidi così efferati che si svolge nell’arco di 17 anni non ha uguali nel panorama italiano e raramente si trova nel panorama internazionale. In questo caso credo che i media abbiano avuto un ruolo secondario. Se ci si pensa bene proporzionalmente sono stati molto più presenti in casi come l’omicidio di Yara Gambirasio o Garlasco.
Che dettagli ha rivelato il profilo FBI del mostro di Firenze? perché allegarlo come appendice al libro?
È stata una scelta proprio di Ruggero Perugini il segnale che ha voluto dare è che l’analisi e lo studio statistico permette di creare un profilo utile agli investigatori qualunque sia il paese dove si svolgono i fatti. L’analisi permette di fare un profilo dell’autore dei duplici omicidi e quello effettuato a suo tempo dall’F.B.I. coincide con il sospettato numero 1, Pietro Pacciani. Ricordo con l’occasione che il contadino di Mercatale, come venne chiamato, fu condannato in primo grado ed assolto in secondo ma poi la Cassazione cancellò la sentenza di appello. Il decesso di Pacciani mise fine a quel processo definitivamente.
Tanto si è detto e scritto: come nascono le illazioni?
Più che illazioni parliamo di “teorie”, d’altronde come ho detto prima vi fu il decesso di Pacciani e quindi tecnicamente il caso è ancora aperto. Perugini è stato veramente dispiaciuto di quel decesso sia, ovviamente, dal punto di vista umano ma anche per il fatto che era convinto che prima o poi Pacciani avrebbe ammesso le sue colpe ma non per un sentimento di liberazione, una espiazione, ma per rivendicare un ruolo a cui teneva molto.
Elisa Cutullè