Davide Petracca- Quando l’anima è non solo Jazz

 

Arrivato in Germania da bambino, si è integrato presto nel panorama musicale tedesco. Lo abbiamo incontrato in occasione di un workshop di jazz a Saarbrücken

 

Sei originario del Sud Italia. Che posto ricopre l’Italia nel tuo cuore?

Esatto. Mia mamma è di Procida, anche se nata e cresciuta in Calabria, dove conobbe anche mio padre. La famiglia di mio padre operava nella gastronomia.

La nostra «emigrazione» in Germania avvenne nel 1979, quando io avevo appena 4 anni. Ero, in effetti troppo piccolo per ricordarmi qualcosa.

Purtroppo, devo ammetterlo, non riesco a tornare in Italia così spesso come vorrei. Il mio ultimo viaggio musicale risale a 7 anni fa, quando andai in tour, con due musicisti inglesi, in Liguria e Toscana.

Devo ammettere che lavoro molto poco assieme a musicisti italiani. Ciò non dipende, però da una mia non-volontà a farlo, bensì dal fatto che, finora, non ci sono state occasioni per farlo. Probabilmente, ciò è dovuto al fatto che, in ambio Jazz, nascono collaborazioni locali o relative a determinate zone geografiche. Io, per esempio, suono molto nel SaarlorLux, del Sud della Germania e Francia, in Svizzera e nel Benelux. Conscendo molti musicisti che operano in queste zone, ci sono più possibilità di concerti. Cosa che, invece, mi manca sul territorio italiano.

Per correttezza devo precisare che ho avuto la fortuna di esibirmi ad alcuni Festival anche nel Sud Italia, principalmente Calabria e Sicilia, Il tutto però risale a molto tempo fa.

Mi piacerebbe davvero, essere più spesso in Italia, musicalmente.

 

Cosa significa essere un musicista Jazz?

In questo ambiente è normale che un gruppo di musicisti si divida dopo un paio di anni passato a suonare insieme, per scoprire altri terreni e continuare a sperimentare. A volte ci si ritrova dopo un po’ di tempo e si continuano a fare progetti insieme, mentre, altre volte, tutto finisce.

 

Suoni diversi strumenti. Hai una preferenza?

I miei due fratelli maggiori, Lorenzo e Francesco, sono chitarristi per cui, in maniera naturale, ho iniziato a suonare la chitarra anche io. Fino all’età di 19 anni la chitarra era l’unico strumento che suonavo. Poi arrivò l’amore per il contrabbasso. In me, potrei dire ci sono due cuori: quello da chitarrista e quello da contrabbassista.

La chitarra è lo strumento con cui sono cresciuto che mi ricorda la mia infanzia e la mia adolescenza mentre il contrabbasso lo strumento che mi procura più ingaggi.

Per mantenermi in forma, mi esercito sempre, regolarmente, su tutti e due gli strumenti.  Di norma mi esercito su entrambi ogni giorno (almeno un’ora per strumento) e, a seconda del progetto musicale a cui lavoro, c’è uno dei due a cui dedico più tempo. Se poi ci aggiungiamo anche i miei incarichi di docenza, sono almeno 3-4 di esercitazione al giorno.

Secondo me il binomio funziona e io voglio continuare a suonare entrambi gli strumenti, senza trascurarne uno. E, spero, che ciò possa essere così anche in futuro.

 

Lavori spesso con Edith. Come è nata la collaborazione?

Con Edith ci conosciamo da 15 anni. Occasione fu un concerto, in cui suonavo da contrabbassista in cui lei mi chiese se fossi interessato a realizzare dei progetti musicali insieme. E così succede, quasi sempre, nel mondo musicale: ci si incontra a concerti o jam session e, se ci sono interessi comuni, si sviluppano dei progetti insieme.

Spesso, come anche in questo caso, da amicizie musicali nascono anche amicizie vere, che mi portano a trovarmi più volte l’anno nel SaarLorLux.

 

Che reazioni hai quando vai ad un concerto in qualità di spettatore, non di musicista?

Dipende dal tipo di concerto. Anche se sono un jazzista, mi piacciono diversi stili musicali. Quando vado ad un concerto Jazz cerco, da un lato, di godermi il concerto ma, d’altro canto, anche di imparare dai miei colleghi. Qualche volta, però, mi ritrovo anche a constatare che alcuni passaggi o arrangiamenti non mi sono piaciuti tanto. In questo caso è mio piccolo diavoletto analitico interno che mi decostruisce il concerto.

Ai concerti di musica classica invece, riesco a lasciarmi semplicemente trasportare dalla musica.

 

 Elisa Cutullè

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