Riflessioni in punta di penna sulla regia de Il Mantello e Amici (2/3)

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[PARTE: 2]

Sentivo il bisogno di far giungere al pubblico anche questi due momenti e per questo ho chiesto aiuto a Pierpaolo Magnani, esperto in scenografie virtuali: volevo rendere vivo quel cammino “verso” e “oltre” casa e per questo abbiamo ingaggiato il protagonista dell’opera, il baritono spagnolo Javier Landete e un altro cantante del cast di Amici, il tenore Fabio La Mattina, per una serie di riprese video in un maneggio di una località vicina a Pisa che ha messo a disposizione due stupendi cavalli. Vestiti coi costumi di scena, i due “cavallerizzi” sono stati ripresi con diverse modalità così da creare la sensazione sia del viaggio di avvicinamento alla casa che quella dell’allontanamento. Ma, sfruttando l’opportunità, visto che “l’appetito vien mangiando” ho pensato che anche nella storia quelle figure, specie la Morte, potevano essere più significative se rese vive. Altre riprese ci hanno fornito il materiale per il montaggio dei video necessari a seguire i momenti della vicenda, dall’arrivo dei due cavalieri, all’attesa della Morte, alla loro ripartenza… Un lavoro che Magnani ha svolto egregiamente e che, opportunamente incastonato dentro la finestra, unico “occhio” fuori dalla casa, ha saputo svolgere un ruolo significativo nella restituzione delle emozioni.

Il resto della scenografia non era particolarmente gravoso, ovviamente tenuto conto delle possibilità di cui disponevamo: un tavolo, quattro sedie, un mobiletto sul quale poggiare la cornice col ritratto di Giovanni, un cestino con gli attrezzi da cucito… I due quadri, quelli dei “vecchi”, erano invece proiettati sul fondale.

Ma quest’opera contiene, pur nella riduzione per pianoforte dello stesso Chailly, dei cori che sono determinanti per la comprensione: sono la voce dei vecchi, gli incubi di Giovanni, il collegamento con quel mondo di cui il protagonista è già parte anche se ancora presente, col suo corpo, sulla terra. Come risolvere questo problema non potendo usufruire, sempre per motivi di budget, di un coro?

La disponibilità dei cantanti dei due cast mi è venuta incontro, ed un ottimo studio di registrazione ha fatto il resto, ovviamente con il prezioso e insostituibile ausilio del M° Eugenio Milazzo: in “poche” ore di lavoro (poche rispetto a quelle normalmente necessarie per un lavoro così impegnativo) e con la professionalità del responsabile dello studio, quei cori “impossibili” sono diventati un CD che abbiamo gelosamente conservato con varie duplicazioni.

Sempre più esigente e incontentabile (in fondo questa mia mania di perfezionismo che tanto detesto, talvolta mi aiuta a non accontentarmi), ho voluto aggiungere ancora due cose che ritenevo altrettanto importanti all’economia dell’opera, una presente nel libretto, l’altra frutto di una mia scelta. Avevo bisogno di due voci, una maschile l’altra femminile per recitare delle frasi che pronunciavano i due vecchi dei quadri e volevo, al termine dell’opera, quando l’immagine dei due cavalieri si allontana, che qualcun leggesse le ultime righe del racconto di Buzzati, proprio come se, al termine dell’opera, si giungesse al termine della lettura del racconto stesso.

A venirmi incontro, questa volta, un caro amico, regista lui stesso e docente presso il teatro Verdi di Pisa di corsi di recitazione,  Lorenzo Maria Mucci: la sua voce e quella di Sabrina Iannello hanno efficacemente reso ciò che desideravo dire al pubblico.

Una parola, prima di parlare dei cantanti, per i costumi “trovati” nelle magmatiche sale della sartoria fiorentina di Massimo Poli: i suoi preziosi suggerimenti hanno contribuito a scegliere, tra ciò che c’era già pronto (impensabile farne “su misura” per l’occasione), quello più adatto al periodo storico nel quale avevo ambientato la storia. Operazione assolutamente non facile ma che, in un modo o nell’altro, ha trovato un positivo epilogo.

Mentre cercavo, progettavo e costruivo, dovevo anche lavorare con i cantanti per i movimenti scenici e le interpretazioni, lavoro che, vista l’esiguità del tempo a disposizione, dovevo dividere con la preparazione musicale curata dal M° Milazzo. Lavorare in tandem non è il massimo: le prove musicali richiedono attenzione e impongono la ripetizione, talvolta ossessiva, di frasi o addirittura porzioni di frasi; le prove di regia, invece, hanno bisogno di dilatarsi dal singolo gesto alla scena al contesto generale. Eppure, nonostante questo, aver lavorato fianco a fianco con il M° Milazzo è stata una esperienza davvero positiva: in qualche modo, quel cesellare la voce, è servito anche a cesellare il gesto in una sincronia che, in certe occasioni, mi ha davvero impressionato.

Conosciamole queste voci che hanno costituito il cast de Il Mantello: il ruolo della mamma è stato affidato alla mezzo soprano georgiana Sofio Janelidze che, proprio in quei giorni delle prove, era impegnata anche come contessa di Coigny nella produzione del teatro Verdi dell’Andrea Chenier, con tutto quello che una simile coincidenza può significare. Rita, la sorella di Giovanni, era invece stata affidata alla soprano Raffaella Palumbo, solare e disponibile quanto affidabile e precisa, doti che hanno contribuito non poco al successo del suo personaggio (Raffaella sarà anche interprete dell’altra opera, Amici). Marietta, la fidanzata di Giovanni, era invece la cinese Dafne Tian Hui, esuberante quanto decisa a ottenere il meglio dalla sua voce come dall’interpretazione. Il piccolo Pietro, gentilmente “prestato” da una docente di uno dei corsi di recitazione del Verdi, è Elias Morano: un vero artista, intuitivo e attentissimo capace di cogliere ogni suggerimento e trasformarlo in modo personalissimo. Inutile dire che è diventato da subito il beniamino del cast e ci ha seguiti anche quando lavoravamo all’altra opera.

Infine il protagonista, Giovanni, superbamente interpretato, vocalmente come scenicamente dal baritono Javier Landete. Un ruolo estremamente difficile per la scelta fatta da Chailly di toglierli le parole dal cantato: esprimere situazioni e sentimenti unicamente attraverso suoni gutturali è una sfida quasi impossibile ma il giovane Javier, anche a detta del pubblico e della critica, c’è riuscito da maestro.

Su di lui merita spendere una parola in più. Oltre a Giovanni, sarebbe dovuto essere anche Amedeo Corti, un ruolo non da protagonista in Amici anche se di un certo rilievo, mentre il basso/baritono Juan José Navarro avrebbe dovuto interpretare il protagonista della seconda opera, Tony Appacher. Purtroppo, per una brutta caduta poco prima dell’inizio dell’Andrea Chenier dove avrebbe dovuto interpretare il doppio ruolo de il Maestro di Casa e di Mathieu detto Populus, dopo aver tentato di mantenere fede all’impegno preso il lunedì precedente la messa in scena delle due opere ha dato forfait mettendo in discussione la possibilità di realizzare la serata. Con un coraggio che ha sfiorato l’incoscienza, Javier Landete si è offerto di prendere il posto di Navarro imparando in pochissimi giorni anche questo non facile ruolo sia dal punto di vista vocale che scenico dovendosi interfacciare con tutti i protagonisti della storia. A sostituirlo nella sua parte, un altro coraggioso, il baritono Daniele Piscopo che ha lavorato in simultanea sia nello studio musicale che scenico, sfruttando, per quanto possibile, ciò che Javier aveva acquisito nei giorni precedenti.

Questo solo per descrivere non solo lo stato d’animo in cui queste due opere sono nate, ma per esprimere un sentito e grande ringraziamento a questi due professionisti che si sono messi in gioco con due opere praticamente sconosciute e quindi senza alcuna esperienza pregressa che potesse in qualche modo aiutarli.

Ecco il link della prima parte:  Riflessioni in punta di penna sulla regia de Il Mantello e Amici (1/3)

Stefano Mecenate

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