Meritava parlare di quest’opera che il teatro Verdi di Pisa ha proposto quale ultima tra le grandi opere del cartellone 2013/14.
Non è solo per un giudizio tecnico che pure merita qualche riflessione, ma per le rocambolesche vicende che hanno accompagnato le due serate nelle quali è stata proposta.
Venerdì, poco prima dell’opera: teatro quasi al gran completo, pubblico curioso di vedere (per molti) o rivedere (pochi visto che l’opera mancava da Pisa da ben trentasette anni: l’ultima volta, infatti, era stata data nella Stagione Lirica di Quaresima del 1977) quest’opera di Andrea Giordano su libretto di Luigi Illica del 1896. Tarda l’inizio e l’aria si fa più pesante: voci che si rincorrono, poi il direttore artistico, Marcello Lippi, si affaccia sul proscenio: «Purtroppo uno degli artisti, il giovane Juan José Navarro (che aveva in scena il ruolo de il Maestro di Casa e di Mathieu detto Populus), è caduto poco prima dell’inizio; un ambulanza lo sta portando all’ospedale di Cisanello per i necessari controlli. A sostituirlo sarà il regista, Carlo Antonio De Lucia che si è generosamente e coraggiosamente offerto di sostenere i due ruoli».
Un regista interprete della sua opera? E per di più un ex tenore che si trasforma magicamente in basso? Spettacolare! Sta di fatto che se la voce, com’era prevedibile, resta poco più che accennata, la sua presenza in scena, specie nel ruolo di Mathieu, fa scintille: eccellente performance che fa dimenticare tutto il resto… e meritatissimi applausi al termine che uniscono la performance artistica al paziente lavoro di regia che ha curato con attenzione.
Finito qui? Ma no… Passano quarantott’ore e siamo alla recita pomeridiana di domenica; Juan sembra essersi ripreso e in grado di salire finalmente su quel palcoscenico atteso e desiderato dopo un lavoro di preparazione attento e appassionato come accade ogni tanto a quei giovani ai quali viene offerta l’opportunità di misurarsi in “serie A” dopo allenamenti e partite amichevoli. La sua presenza in scena dura però solo lo spazio del primo atto: dopo aver ben interpretato il Maestro di Casa, è costretto a dare nuovamente forfait. Ancora una volta è Lippi a doverne dare la notizia: «Purtroppo le condizioni di salute di Juan José Navarro non gli consentono di continuare la recita…»
E adesso? Quale coniglio dal cilindro saprà trovare l’eclettico direttore artistico? Detto fatto: «In sala – riprende sicuro Lippi – era presente un cantante che ha dato la sua disponibilità a sostituirlo; lo stiamo vestendo. Solo qualche minuto di attesa». E così Alessandro Calamai, professionista navigato, si è calato sic et simpliciter nei panni di Populus con una dignitosa performance pur non conoscendo affatto i disegni del regista per quel ruolo.
Insomma, una due giorni “di fuoco” che ha animato un allestimento che pareva tirato fuori da un film in bianco e nero, tanto datata appariva la scenografia e i costumi. Detto questo, però, l’insieme ha funzionato ben oltre ogni aspettativa: il pubblico ha tributato con generosità applausi e segni di grande simpatia fino ad una richiesta di bis preceduta e seguita da un’ovazione al baritono Sergio Bologna, Carlo Gérard, per un “Nemico della patria” che ha davvero mandato in visibilio la platea e i palchetti fino al loggione.
Niente bis ma valanga di applausi al tenore Pietro Giuliacci, Chenier, matador di entrambe le recite che, una volta in più ha fatto sentire come la passione e la generosità suppliscono a qualche errore e imperfezione vocale, restituendo al melodramma quella capacità di emozionare al di là della tecnica. Applausi sinceri ed abbondanti anche all’altro Gérard, quello della prima, Elia Fabbian, che avrebbe potuto dare ancor di più se non fosse talvolta caduto nella tentazione di strafare.
Meno applaudite, e a nostro avviso a ragione, le due Maddalena di Coigny: Rachele Stanisci e Silvana Froli; non hanno del tutto convinto e, ne siamo certi, entrambe hanno la possibilità di far meglio di quello che ci hanno fatto sentire.
Meritato successo per Valeria Sepe, Bersi, e applausi convinti per Vejo Torcigliani, Roucher, Nicola Vocaturo nel doppio ruolo di un incredibile e dell’abate, Tamta Tariel, Madelon, Sofia Janelidze, la contessa di Coigny, Gianluca Tumino, Fléville e Tinville e Eugenij Gunko, Schidt e Dumas.
La direzione del Maestro Elio Orciuolo, seppure convenzionale, è risultata precisa e convincente e l’Orchestra Arché lo ha seguito con puntualità dimostrando di crescere e prepararsi a sfide sempre più ambiziose ma raggiungibili.
Del prossimo Pinocchio, in programma per 29 marzo p.v. parleremo poi, come pure della Serata Buzzati, che mi ha visto protagonista come regista di due opere, Il Mantello e Amici, la seconda in prima assoluta, entrambe tratte da due celebri racconti del grande scrittore bellunese.
Stefano Mecenate