“Flow”, una produzione tedesca che offre allo spettatore un viaggio attraverso diversi stili di ballo e non solo, ha una star indiscussa: Liam C. il Dance Captain per la sezione irlandese. Esempio eccellente di un italiano che si è affermato nel campo artistico tedesco in un’arte a sua volta straniera.
L’abbiamo incontrato durante la sua tappa di Saarbrücken.
Liam, come ti presenteresti tu stesso?
Posso dire che sono un ballerino e coreografo di ballo irlandese dall’anima italiana? I miei genitori sono italiani, originari di Brindisi. Hanno lasciato l’Italia prima che io nascessi e si sono trasferiti a Monaco di Baviera dove sono nato. Quando ero piccolo poi siamo tornati di nuovo in Italia. Siamo rimasti lì 2-3 anni e poi siamo tornati definitivamente in Germania, questa volta vicino a Stoccarda. Anche se può sembrare uno stereotipo anche i miei genitori , come molti italiani emigrati di prima generazione che sono ritornati in Germania, hanno un ristorante. Anche se continuo a sentirmi molto vicino ai miei genitori ho deciso di non entrare nell’impresa di famiglia e di prendere la mia strada, seguendo le mie passioni.
E come è, in generale, il tuo rapporto con l’Italia?
L’Italia mi piace molto e ci vado sempre in vacanza non appena posso. Mi trovo spesso nelle zone di Bibione e Venezia che sono le mie mete preferite.
Hai fatto, per così dire, il “pendolare” forzato tra Italia e Germania. Hai avuto il desiderio di ritornare in Italia per la tua carriera?
Sarebbe veramente un sogno, ma sono cosciente che lo stile di danza che ho scelto non è uno stile che in Italia potrebbe avere il pubblico e il successo che hai in Germania. Ho anche valutato co i nostri produttori di fare qualche tappa italiana del nostro tour, ma dalle prime analisi sembra che il pubblico italiano non sia ancora pronto per il ballo irlandese. A mia madre farebbe molto piacere che io fossi conosciuto anche in Italia. Per farla contenta (bella scusa vero?), ho partecipato a Italians got talent l’anno scorso. Quando ho fatto l’audizione pensavo che fossi andato bene e che avrebbero almeno mostrato il provino in televisione, ma nella messa in onda è stato tagliato. Un’altra prova che ancora non c’è abbastanza pubblico per questo stile musicale. Posso però dire che se in un futuro mi venisse offerta la possibilità di fare carriera in Italia, la preferirei sia all’Irlanda, la Germania e perfino gli Stati Uniti.
Hai appena detto che lo stile di danza che hai scelto non è molto commerciale. Come è nata questa passione?
Come penso per molte delle persone che conosco: vedendo un’esibizione di Michael Flateley di Riverdance. Sono rimasto a bocca aperta: nonostante il ballo irlandese sia uno stile molto rigido che non ti permette di muoverti molto e di esprimere qualcosa con tutto il corpo. E quando riesci a trasmettere allora significa che sei veramente bravo. Ritengo di essere rimasto affascinato da questa peculiarità. Confesso che prima ritenevo che la danza fosse una cosa per femminucce e non da ragazzi quindicenni: eppure durante quello spettacolo è scattato qualcosa. Sono passato dal calcio alla danza irlandese. Quando ho incominciato non c’erano molte scuole in Germania che offrivano la possibilità di studiare danza irlandese. Così ho frequentato tutti i corsi possibili e presto non erano più abbastanza. I maestri stessi ammettevano che non potevo imparare più nulla da loro. Così ho investito soldi ed ho seguito workshop con diversi ballerini professionisti di musica irlandese, invitandoli anche spesso, a mie spese, in Germania per fare un workshop e imparare sempre di più. In totale direi che la formazione è durata 5 anni.
Ti ricordi ancora della tua prima volta in scena con uno spettacolo di musica irlandese?
Mi sono sempre trovato sul palco già durante i corsi delle scuole, mentre il primo spettacolo “professionale” risale al 2005/2006 con Fire of Dance. Devo ammettere che non mi ricordo nulla della prima data del tour. Mi ricordo invece bene la mia prima volta sul palco vicino “casa” a Ludwigsburg: lì è stata veramente una grande emozione perché ci ero passato davanti mille volte e non mi sarei mai aspettato di potervi calcare le scene. È un’esperienza indescrivibile e, forse, è sicuramente il palco che mi ha dato un’emozione particolare.
Hai detto di essere ballerino e coreografo. Quando hai creato la tua prima coreografia?
È stata una cosa parallela alla mia carriera di ballerino. Mentre studiavo, insegnavo anche ai principianti e pensavo ai primi movimenti. È la musica a darmi l’ispirazione per le coreografie: nella mia mente si sviluppa la storia che poi cerco di trasporre sul palco. Creare una coreografia non è una cosa facilissima, ma, secondo me, è sempre più difficile ballare su coreografie create da altri. Ho notato che anche ballerini eccellenti hanno difficoltà quando devono studiare una coreografia che, a me per esempio, sembrava facilissima.
Cosa vedi che tuo futuro?
Vorrei cambiare alcune cose nello show che sto facendo, perché divento molto più esigente. Il sogno nel cassetto è ovviamente, avere uno show tutto mio da portare anche in Italia.
Elisa Cutullè