I popoli germanici, come ci tramandano sia Tacito nella sua “Germania” che Cesare nel “de Bello Gallico” erano adoratori di più divinità. La loro religione si dimostrava molto ben articolata e fermamente politeista. Per designare le forze magiche che dominavano tale sfera divina si usavano diversi termini etimologicamente simili come MAGIN, MAGN o MATTR.
Diverse volte erano proprio queste forze magiche che potevano essere utilizzate per recare danni a terzi, con uno scopo quindi prettamente malvagio: non deve quindi stupire se i presunti maghi venissero sempre trattati con uno strano timore.
Dalle fonti testè citate sappiamo che i maghi, o chi si definiva tale, erano numerosi ed avevano rappresentanti di entrambi i sessi. I maghi professionisti prolificavano, mentre gli incantatori malefici erano quelli che venivano uccisi con le maggiori precauzioni, in modo da evitare un’influenza negativa manifestata dall’oltretomba.
Ciò non toglie tuttavia che l’alta conoscenza dei riti magici fosse estremamente stimata.
Anche in periodi successivi continuò a sopravvivere, parimenti, un culto volto più a divinità naturali, più umane, anziché prettamente di fede, se di fede si può parlare.
I germani presentavano offerte e sacrifici, accompagnati da riti e canti, in modo da rendersi propizie le anime degli alberi. Alcuni alberi furono anche messi in relazione con le divinità, contribuendo così al sorgere di miti attorno ad essi. Basti ricordare l’YGGDRASILL, che nella concezione cosmologica dei germani pagani, si erge al centro del mondo per fare da sostegno al mondo stesso. Le radici dell’albero si protendono in tre direzioni: rispettivamente verso la sede dei giganti, verso la sede degli uomini e verso HEL, sede dei morti. HEL è al tempo stesso il nome degli inferi e della dea che vi regna; la dimora stessa della dea è situata sotto una delle radici dell’albero YGGDRASILL e per giungervi bisogna guadare il fiume infernale GJOELL. YGGRASIL come perno del mondo è continuamente offeso dai morsi del serpente NIDHOGG.
Ma i germani non riducevano il loro culto ad un singolo albero: non di rado boschi interi erano considerati sacri ed affidati a divinità. Ancora oggi gli alberi costituiscono nella superstizione popolare una parte non certo minuscola. Accanto agli alberi i capitolari di Carlo Magno nominano anche fonti e pietre. Si riteneva infatti che le anime dei defunti andassero ad abitare nelle montagne. Ecco perché Odino, il signore dei morti, viene chiamato anche il “vecchio della montagna”. Ed è proprio in queste credenze che affondano le radici le leggende riferite a Carlomagno e al Barbarossa.
Odino (in antico nordico ODHINN) era il dio supremo dell’antica religione nordica, equivalente al sassone WODAB, antico alto tedesco WUOTAN, forse erede di una tradizione religiosa pregermanica. L’etimologia del suo nome lo collega a vari concetti tra i quali vi è anche il termine tedesco “WUT”(= rabbia), con connotazione sia di ardore che passione, da riferirsi anche come base dell’ispirazione sia poetica che divinatoria ( Cfr. latino “VATES”). Odino era una divinità molto adorata ed era anche considerato il custode dell’ARS dicendi, intesa sia come poesia che come composizione di parole magiche, suprema sapienza magica che gli deriva da una potenza limitata tuttavia dal fato, WURD. Al servizio di Odino vi erano le valchirie: esse, cavalcando nell’aria e sull’acqua, intervenivano nelle battaglie, sceglievano coloro che dovevano perire e li accompagnavano poi nel Walhalla. Ma per essere ammessi nel Walhalla bisognava essere eroi… a differenza dell’HEL in cui veniva ammessa anche la gente comune.
Anche se la religione faceva delle distinzioni di classe, se così le vogliamo definire, era diffusa la credenza che il corpo sopravvivesse, aggirandosi nei pressi del luogo della sepoltura e proteggendo la propria gente. Credere negli spiriti e nella loro potenza.
Bibliografia:
M.V. Molinari LA FILOLOGIA GERMANICA
Biagioni-Antoni ANTOLOGIA LATINA
S. Natale BELLA ET ELEGI
N-Frankovich-Onesti FILOLOGIA GERMANICA