Zia il grande che il piccolo schermo ci presentano, sempre più spesso, personaggi autistici, testimoni di delitti efferati o grandi geni incompresi. Un universo a parte, per molti impenetrabile. In realtà, cosa si nasconde dietro la sindrome di Asperger?
Il Treccani fornisce questa definizione:”autismo Termine coniato da Bleuer per designare la perdita del contatto con la realtà, con conseguente chiusura in un mondo radicalmente irrelato agli altri. I primi studi hanno presentato l’autismo come un sintomo fondamentale delle schizofrenie, mentre i successivi lo hanno definito come il loro elemento caratteristico. La perdita del contatto con il reale frammenta l’unità psichica della persona, liberando i sistemi pulsionali primitivi; la spinta regressiva conduce il soggetto a installarsi nell’immaginario, ritrovando le tecniche dell’autoerotismo primitivo e costruendo un mondo labirintico, astratto e simbolico, difficilmente decodificabile e progressivamente impoverito nelle sue formulazioni“
Di libri sulle persone autistiche se ne sono scritti diversi: trattati sul comportamento, sulla psicologia da adottare, sulle analisi sociali, ma non ce ne sono molti che parlano dell’autismo dal punto di vista di una persona autistica. Ecco cosa è Pensare in immagini e altre testimonianze della mia vita autistica, scritto da Temple Grandin nel 1995 e pubblicato dalla casa editrice Eriksson nel 2010.
Temple Grandin non è una persona autistica “comune”: è professore di Scienze naturali presso l’Università del Colorado (ha conseguito un dottorato in Scienze animali presso l’Università dell’Illinois) ed ha progettato una gran parte degli impianti per la gestione del bestiame degli Stati Uniti e non solo. Ed è proprio questa sua sensibilità per gli animali che lei descrive nei primi capitoli di questo testo: per concepire un qualsiasi impianto lei si mette, in primis, al posto dell’animale, si “immagina” il tutto. Come l’animale so avvicina alla struttura, come si muove e, nella propria mente, valuta eventuali rischi e pericoli. Non ha bisogno di carta e penna per progettare e poi verificare l’applicabilità del tutto: pensa nella propria mente, crea e vive. Questo modo poco usuale di progettare incontra anche una certa resistenza: alcuni operai, infatti, modificano il progetto di Temple con una piccolezza che, però, si rivela determinante per la riuscita del tutto. Temple descrive nel dettaglio cosa è intesto per pensiero visivo e quanto, lo stesso, sia importante per convivere con l’autismo; la difficoltà nella società di diagnosticare l’autismo e come, per la determinazione dello stesso, ci sia voluto molto tempo; l’importanza della dimensione sensoriale e il bisogno di ricevere semplicemente un abbraccio e la creazione della “stringitrice” una macchina che è in grado di abbracciare quando non c’è una persona a portata di mano; la difficoltà di apprendere l’empatia da parte dell’autistico; consigli per sviluppare i vari talenti autistici; il mondo delle relazioni interpersonali degli autistici; i trattamenti farmaceutici per gli autistici; l’importanza dell’interazione con gli animali e la peculiarità di comprenderne il pensiero e, infine, il legame tra autismo e genio.
Un racconto interessante, quello della Grandin, non solo per il punto di vista “interno” dell’autismo, ma anche per come delimita lo scetticismo umano nei confronti di quello che non è conosciuto o non riportabile in certi schemi. Con un sorriso leggiamo come lei, in maniera analitica e semplice, definisce il protagonista di Rain Man, come una persona che pensa per immagini: leggendo le singole pagine si crea un’immagine che poi si è in grado di ripetere in ogni singolo dettaglio.
Non è dunque un caso che la sua storia sia stata trasposta , sempre nel 2010, in un film per la TV, premiato tra l’altro con un Emmy Award, dal titolo “Temple Grandin – Una donna straordinaria” con la regia di Mick Jackson ( famoso per “la guardia del corpo” con Whitney Houston) e con la bravissima Clare Danes nel ruolo di Temple.
Elisa Cutullè