Il ratto dal Serraglio in scena a Saarbrücken

Il ratto dal Serraglio (Die Entführung aus dem Serail) è un Singspiel (genere operistico di moda tra il XVIII e il XIX secolo che prevede recitativi parlati alternati a musica) composto da Wolfgang Amadeus Mozart. La storia, ispirata alla figura del potente uomo turco è presente in molte varianti italiane, inglesi e francesca. Mozart ha deciso di utilizzare il libretto di di Gottlieb Stephanie il quale, a sua volta, si era ispirato a un libretto di Christiph Friederich Brentzner.

La prima rappresentazione risale al 16 luglio 1782 a Vienna, nel Burgtheater.

Sergio Sablich sottolinea come, a torto, Il ratto del Serraglio venga spesso considerata quasi un’opera minore, “comunque non paragonabile con la trilogia italiana di Da Ponte e neppure, nel suo genere, con Il flauto magico. Anche nei paesi di cultura tedesca, dove pure gli ostacoli della lingua e della estraneità alle tradizioni specifiche del Singspiel non sussistono, vive ai margini del repertorio, in una specie di limbo dorato, che ne riconosce le qualità ma non le ambizioni.”

Colpa della storia? No, la storia è “tipica” ma  non scontata: Il tutto inizia con Belmonte  che giunge in Turchia, al palazzo del Pascià, per liberare la fidanzata Konstanze, venduta come schiava insieme a Blonde e all’innamorato di quest’ultima Pedrillo. Da qui prende il via un intrigo rocambolesco che sfocerà poi nell’inevitabile lieto fine, dovuto alla magnanimità del Pascià Selim.

Probabilmente il mancato successo è dovuto alla difficoltà di mettere in scena un pezzo non proprio facile trovando artisti in grado di assolvere a tale ruolo. È anche una composizione che non lascia molto spazio all’interpretazione di registi.

La sfida di voler mettere in scena una nuova versione è stata colta da  Olivier Tambosi e messa in scena allo Staatstheater di Saarbrücken il 16 Settembre. Tambosi è  noto per aver dato vita al primo gruppo operistico autonomo in Austria, “Neue Oper Wien” ed aver lavorato su palcoscenici internazionali di prestigio come la Metropolitan Opera di New York, Covent Garden e la Staatsoper Hamburg.

Era stato anticipato che la “nuova versione” sarebbe stata diversa.  Manca l’ambientazione turca: la scenografia è semplice, essenziale e potrebbe essere una qualsiasi isola del mondo. Ma non è l’unica “privazione”. In effetti, viene completamente eliminato il personaggio del Pascià Selim. Non solo: viene messa persino in discussione la sua esistenza: Il protagonista diventa il “grande assente”: esiste?  È davvero così tirannico? Un despota che decide sulla vita o la morte dei suoi schiavi e anche sulla vita amorosa degli stessi? Oppure è semplicemente il “fantasma”, il deus ex machina, pronto all’uso e a essere tirato fuori quando i protagonisti Konstanze, Blondchen, Osmin, Belmonte e Pedrillo non sanno come gestire le proprie emozioni.

Lo spettatore assiste a uno sdoppiamento: gli interpreti una volta sono se stessi, una volta i propri personaggi: si chiamano per nome, leggono dal libretto Reclam le proprie parti e commentano sulla “stupidità” di alcune parole. La scena è gestita dalle due figure femminili: sul palco ci sono due donne autonome, sicure di sé, che non vogliono sottostare ai propri amanti/fidanzati: sono donne che giocano psicologicamente con gli uomini, che li portano al limite e li usano per dimostrare la propria superiorità.

Manca anche il lieto fine: cosa succederà ai protagonisti intrappolati in se stessi?

Tambosi, per molti versi, richiama Peter Brook: la storia viene spogliata dei fronzoli e rimane una storia dell’io, basica, che gioca sulla psicologia, sull’incertezza e sulle grandi assenze. Anche i costumi di Carla Caminati, ripropongono questa essenzialità, con piccole fughe nel gran mondo di corte.

Lo spettatore viene obbligato a pensare, a cercare i nessi, a interagire con quello che accade.

Per un pubblico devoto a un Mozart “tradizionale” questa messa in scena può sembrare un affronto. Ragion per cui, probabilmente, la prima è stata accolta con diversi boati di disapprovazione (non nei confronti degli attori, bensì del regista).  Io l’ho trovata una rappresentazione fresca, diversa, non certo facile ma sicuramente interessante. Unica nota: probabilmente avrei affidato la parte di Konstanze, interpretata da Christiane Boesinger,  a Sofia Fomina che, pur non essendo protagonista per libretto, lo è stata di fatto.  Impeccabili anche le interpretazioni di Algirdas Drevinskas, Janos Ocsovai e Hiroshi Matsui e la direzione musicale di Alexander Drcar.

Spettacoli fino al 2 Febbraio 2012. Per informazioni cliccare http://www.theater-saarbruecken.de/stuecke/oper/stueck/die-entfuehrung-aus-dem-serail.html.

 

Elisa Cutullè

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