di Caterina ESEMPIO ed Elisa CUTELLE’
(nelle foto sottostanti le autrici)
Prima di giungere al vero e proprio periodo illuminista, ripercorriamo a ritroso il modo in cui svanisce la speranza che Nietzsche aveva riposto nella Germania come antidoto alla parabola rovinosa dell’umanità. La Germania del secondo Reich si fonda sulla modernità fatta di massificazione e sviluppo industriale; per cui rappresenta sempre meno quell’antidoto nei confronti del moderno. Si può quindi vedere che la categoria centrale del pensiero di Nietzsche è l’inattualità.
Tra l’autunno del 1872 ed il 1876 Nietzsche si impegna in 4 Considerazioni inattuali. La prima prende di mira Strauss ed indirettamente Hegel, poiché contestare due millenni di storia, significa contestare la tesi hegeliana. La seconda, invece, è dedicata proprio al tema della storia, interrogandosi sul significato e sulla natura della storia. Si insiste molto sulla superfetazione del senso storico, che caratterizzerebbe la modernità, condannando alla passività: Nietzsche rovescia la visione, fino ad allora dominante, secondo cui il senso storico avrebbe validità eterna.
Il periodo propriamente “illuministico” è quello inaugurato dalla pubblicazione di Umano, troppo umano (1878/79) e si completa con Aurora (1881) e La gaia scienza (1882). A questo punto Nietzsche si richiama a realtà completamente differenti e anche contraddittorie: da un lato a Dioniso dall’altro a Schopenhauer, per un verso alla grecità classica e per l’altro a Lutero. Si tratta però di una piattaforma ideologicamente instabile. A partire da Umano, troppo umano Nietzsche diventa il critico più implacabile della Germania, in quanto questa sembra essere all’avanguardia della modernità e di un processo rivoluzionario. Rileggendo la storia tedesca, egli ripercorre a ritroso il ciclo rivoluzionario: sottolinea il ruolo di Lutero rispetto alla rivolta contadina, che è da considerarsi il primo stadio del ciclo, anteriore alle due rivoluzioni inglesi del ‘600 ed alla rivoluzione francese. Nietzsche procede ad un dissezionamento dell’Illuminismo, contrapponendo Voltaire a Rousseau. Voltaire (a cui Nietzsche dedica Umano, troppo umano, pubblicandolo nell’anno del centenario della sua morte) è l’antidoto all’anima rivoluzionaria dell’illuminista, dato che questo ruolo non può più essere ricoperto da Lutero.
In Umano, troppo umano un altro autore con cui Nietzsche si misura è Montaigne: dato che nel paragrafo centrale de La nascita della tragedia deve confrontarsi fino in fondo con i principi della morale, su cui aveva fondato la ribellione degli schiavi, Montaigne gli è decisamente d’aiuto. Questo infatti fa vedere che i sentimenti che si presentano con la veste della realtà morale, assumono una base umana ben più torbida ed impietosa. Conseguentemente cambia lo statuto della storia in Nietzsche. Ne La nascita della tragedia e nella Seconda considerazione inattuale contrappone alla superfetazione il mito storico, antistorico e sovrastorico. Con Umano, troppo umano si verifica una svolta radicale, enucleabile dal secondo aforisma del primo libro, secondo cui il difetto ereditario dei filosofi è la mancanza di senso storico. Ciò segna un rovesciamento del suo pensiero, dato che procede ad una valutazione completamente diversa della storia e del senso storico e non si limita a dire che i filosofi inattuali ne sono sprovveduti, ma nell’aforisma de La gaia scienza analizza storicamente i sentimenti come l’orrore, la crudeltà e la cupidigia.
L’ambito di indagine storica è dunque profondamente cambiato, dato che Nietzsche va oltre, indagando sui sentimenti, che sembrerebbero eterni. In tal modo egli anticipa i programmi che poi verranno sviluppati ai nostri giorni da Foucault. Questa storia dei sentimenti morali rimette in discussione la legittimità della rivolta degli schiavi che fa perno su questi sentimenti. Il bilancio storico in Nietzsche si intreccia con la riflessione epistemologica, mettendo in discussione lo status epistemologico dell'”uomo in quanto tale” e lo esamina in Su verità e menzogna. Questo concetto dell'”uomo in quanto tale” si richiama alle categorie del generale e dell’universalità (uguaglianza), criticate perché hanno il torto di voler rendere uguale ciò che non lo è, ovvero l’individuo.