L’amore è il sentimento più bello per alcuni, per altri è il più atroce. Ad ogni modo è comprovato che ad esso siano stati dedicati libri, canzoni, versi e infinità di parole. Definirlo con certezza è impossibile e alquanto infantile: un’unione di sentimenti, di chimica, di fattori che influenzano la nostra crescita… si potrebbe incominciare così. Per Harry Urban, protagonista del racconto di Dieter Conen, l’amore è un sentimento connesso alla città di Monaco di Baviera: una città viva e pullulante, a difficilmente definibile e riportabile in determinati schemi. Anche se parla di amore, il romanzo non è un romanzo d’amore nel senso proprio della parola. Sono sì presenti scene di amore, e di sesso, di prima infatuazioni e di amare delusioni, ma dalla pagine non traspare assolutamente amore, non ci sembra di vivere una storia di amore. Il lettore con difficoltà riesce ad immedesimarsi nel racconto: è come se quelle pagine scritte fossero divise da un velo, da un muro invisibile che non permettere il trasparire dei sentimenti. Una certa freddezza anche voluta: per poter osservare il tutto con un’apparente distacco, e mantenere una mente lucida. Traspare dalla strutturazione del romanzo che l’autore primo Dieter Conen, è in realtà attivo nel mondo della pubblicità. Nessuna parola è detta per sé: ha uno scopo ed una meta ben precisa. È stata messa in circolazione con la sua missione. Resta solo da scoprire dove l’autore ci voglia portare. Le premesse sono una storia d’amore fallita, un’esistenza fallita ed una crescita fallita. Non c’è che dire: assolutamente non è un mondo di buoni. Veniamo immediatamente catapultati nella sala di una casa editrice: una stanza indefinita in cui un lettore, di cui si intuisce fin dall’inizio l’esistenza fallita di giornalista scrittore, fa letteralmente a pezzi un giovane autore. Un autore che in realtà lavora nel campo della pubblicità, ma che per vezzo si diletta nello scrivere romanzi. Senza troppo successo purtroppo. Infatti il suo primo libro ha venduto appena 345 copie. Ora dovrebbe fare di meglio, anche, se non forse principalmente, per risanare le finanze della casa editrice. E Harry scrive un romanzo d’amore… un amore tragico pare. Il lettore si ritrova improvvisamente all’interno delle pagine di questo romanzo nel romanzo, in cui si narra la storia fallita tra due giovani, vuoi per convenzioni sociali vuoi per inesperienza. Con delicatezza e forse con gli occhi innocenti di un ragazzo che si avvicina per la prima volta al mondo strano dell’amore Conen/Urban racconta meticolosamente tutto. Sotto forma di io-narrante: a modo di diario letterario che ripercorre il periodo passato e lo addolcisce o lo sminuisce, a seconda delle necessità. Stilisticamente un mezzo adeguato per separare i due racconti: quello di Harry da quello dell’io. Nonostante tutto però, il lettore intuisce ben presto che la storia dell’io narrante non è altro che la storia fallita e mai dimenticata di Harry stesso. Una storia non tanto professionalmente raccontata ammetterebbero forse i critici, con troppi risvolti personali. Una storia che comunque ha successo… anche a dispetto del malvolente lettore della casa editrice. Tuttavia manca al romanzo ogni caratterizzazione psicologica di Harry: cosa prova, perché scrive e che senso vuole dare al suo racconto. Non troviamo mai Harry a chiedersi del futuro del suo romanzo, della profondità dei suoi sentimenti, delle decisioni della propria vita. Harry si lascia vivere: lascia che il ritmo incostante della vita lo trascini con sé e che lo diriga tra gli eventi. A maggior ragione riflette e ripensa, analizza a decostruisce l’io del racconto nel racconto non solo la sua esistenza, ma anche la vita degli altri, i loro modi comportamentali quelle conoscenze insite che tutte danno per scontate. Un romanzo leggero che si legge tutto d’un fiato: dalla città di Monaco si passa in una piccola città indefinita, poi si attraversano città tedesche e americane, stanze di una casa per studenti e fattorie immense fino ad una piccola macchina. Ce ne è per tutti i gusti. Se non fosse per il finale un po’ estremamente tragico, il libro potrebbe essere una buona base per un film leggero sulla dispersione e l’incertezza dell’uomo moderno. Un’altra americanata? Forse. Ma stavolta viene dalla Germania. (Dieter Conen Das Münchner Gefühl, Friedland 1999).