Amore e morte in Puccini

Gianni Schicchi | Doris Lamprecht (Zita) | Foto: Martin Kaufhold

Una serata di Halloween diversa allo Staatstheater di Saarbrücken con il trittico di Puccini.

l Trittico è il titolo che raggruppa tre opere di Puccini: Il tabarro (libretto di Giuseppe Adami), Suor Angelica e Gianni Schicchi (libretto di Giovacchino Forzano).

Sebbene la terza opera sia quella più famosa, in questa serata nessuna delle tre opere ha un ruolo di protagonista. Tutte e  le opere in un atto, presentano storie e luoghi distinti che hanno un comune denominatore: l’amore.

Ne Il tabarro, si tratta di un amore carnale, infedele, proibito, per nulla puro. Ci troviamo a Parigi, su una chiatta della Senna. L’attempato Michele ha sposato la giovane Giorgetta, una parigina molto più giovane di lui che, evidentemente, vuole godersi ancora un po’ la vita e le relazioni. I sospetti di Michele sono fondati: in effetti Giorgetta ha una relazione con uno scaricatore di porto, Luigi. I due si incontrano ogni sera, non appena Michele va a dormire. Il segnale che i due amanti hanno convenuto è un bagliore (normalmente di un fiammifero) ma una sera, quando Michele va a fumare la pipa, Luigi fraintende in segnale e arriva. Michele lo mette alle strette e lo costringe a confessare, indi lo uccide. Giorgetta trova così il corpo senza vita di Michele.

 

Anche in Suor Angelica si richiede il tributo della vita. Questa volta ci troviamo in un monastero vicino a san Gimignnano, dove l’aristocratica Suor Angelica è stata inviata dalla famiglia per l’onta di aver macchiato la reputazione della famiglia, avendo un figlio extraconiugale.  Cosa che le rinfaccia anche la zia, quando a a trovarla, per informarla di aver cambiato l’allocazione dei beni a vantaggio della sorella di Suor Angelica che si sposa.  Prima di firmare le carte Angelica chiede di sapere almeno come sta il suo bimbo e scopre, ahimè, che il figlio è deceduto 2 anni fa. Dopo la partenza della zia, decide di prendersi la vita, ricorrendo alle sue conoscenze erboristiche e ingerendo veleno.

 

Gianni Schicchi ci riporta a Firenze e qui il morto è già presente: Buoso Donati. I parenti sono accorsi al suo letto di morte per cecare il testamento. Amareggiati scoprono che, in realtà, tutti i beni vengono donati a un monastero e sono scossi. Solo grazie all’aiuto di Gianni Schicchi, un ricco mercante, trovano una scappatoia: Schicchi si spaccia per Buosi e fa riscrivere al notaio il testamento. Ma l’arguzia del mercante si vede quando non mantiene le promesse ai parenti per la divisione dei beni, bensì mantiene per sé, la figlia e il futuro genero case e terreni.

Celeberrima la romanza di Lauretta, figlia di Schicchi “O mio Babbino caro” con cui si rivolge al padre, quando lo scontro tra quest’ultimo e la famiglia Donati escala a tal punto da mettere a rischio il suo futuro con Rinuccio.

Una serata lunga,  con una pausa dopo la seconda opera, ma perfetta rappresentazione di come amore e morte vadano mano in mano, a volte di comune accordo, a volte forzato e altre volte a cause della cupidigia.

Sebastien Rouland ha diretto con estrema passione e verve, mettendo ancora più in risalto la messa in scena di Wolfgang Nägele, ispirata a una atemporalità e a-spazialità che però trovano una propria dimensione unica. La scenografia di Lisa Däßler e i costumi di Irina Sprecklemeyer erano una storia nella storia, unici eppure elemento fondamentale di tutti.

Ottime le interpretazioni canore di tutti i personaggi, con un piccolo plauso ad Angelos Samartzis (il Luigi de il tabarro) a Valda Wilson (Suor Angelica) e a Doris Lamprecht che ha rubato la scena un paio di volte nelle ultime due opere.

Opera in italiano, con sovpatitoli in tedesco e francese.

Prossimi spettacoli:

Novembre 2023: 5, 11, 15

Dicembre 2023: 6,29

Gennaio 2024: 7,26

 

Elisa Cutullè

 

Foto: M. Kaufhold

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