Tarchon Fist- L’Heavy Metal Made in Bologna

Lo scorso agosto sono stati, per la prima volta, al Wellesweiler Open Air 2019, conquistando il pubblico con la presentazione del nuovo concept Album “Apocalypse”.

Abbiamo incontrato Lvcio (Lucio Tattini), Wallace (Marco Pazzini), Ramon (Mirco Ramondo), Rix (Sergio Rizzo) e Jack (Giacomo Lauretani) che ora si trovano in tour promozionale per il nuovo album.

 

Lvcio, come è nato il nome?

La band è nata nel 2005 quando sono stato cacciato dai “Rain”, lo storico gruppo bolognese fondato nel 1980. Wallace fu la prima persona invitata ad unirsi al nuovo gruppo e da lì, siamo passati a reclutare altri amici. Il primo nome scelto per il gruppo fu «Tarchon» (Tarconte, re etrusco, indicato come uno dei possibili fondatori della città di Bologna e, una volta morto, divinizzato a dio della tempesta e della pioggia) fu una decisione comune. Tuttavia, il nome sembrava incompleto e, quindi, si pensava a delle varianti. Una delle prime ipotesi fu “I sacerdoti di Tarchon”, quindi “Tarchon’s Priests”, ma l’opzione non ci convinceva, perché aveva il sentore di qualcosa di già sentito. Non mi ricordo come, ma, a un certo punto è venuto fuori “FIST”. Nel 2006, poi, fu la nostra prima *uscita ufficiale* con il nostro attuale nome «Tarchon Fist». Nel 2010 si sono uniti a noi Ramon e Rix, a distanza di qualche mese. Il nostro ultimo arrivato, il novellino, è Jack, che si è unito a noi nel 2016.

 

Quale è stata la vostra prima impressione di Wellesweiler?

È un festival piccolo ma ben organizzato. Abbiamo visto che il pubblico ha proprio voglia di divertirsi con tutto quello che è affine all’hard Rock e non si lascia spaventare nemmeno da ettolitri d’acqua. Il pubblico si è, per quanto possibile, riparato, ma non se ne è andato.

E poi, noi, ci troviamo molto bene con il pubblico tedesco, da anni. È come se fosse la nostra seconda casa. Notiamo che per qualsiasi evento, grande o piccolo che sia, c’è sempre il supporto e la presenza della popolazione locale, scatenando un effetto di fare le cose sempre più belle, da vivere tutte insieme. Una cosa semplicemente magnifica.

 

La voglia di divertirsi equivale ad una maggiore apertura mentale?

No, non si tratta di maggiore apertura mentale, bensì di un modo diverso di vivere e godere la musica. Forse, potremmo dire, che noi italiani, per natura, siamo un po’ più restii a una grossa partecipazione.

 

Cambia, per voi, qualcosa a seconda del palco? Qualcuno che manca sulla lista?

No, per noi no. Sia che si tratti di un grosso festival che di un piccolo club, l’importante è divertirsi e riuscire a trascinare il pubblico.

Wallace va a Wacken dal 2002 e, quindi, lo conosce da quando era un festival molto più piccolo di ora. Ovviamente esibirsi su quel palco, già di per sé enorme, è un’esperienza indescrivibile: la platea è molto partecipe allo spettacolo, a prescindere dalla band che ci esibisce, quindi il riscontro è forte. La visione tedesca del Metal è a 360 gradi per cui, in festival così grandi, è possibile dare spazio a diversi generi musicali all’interno del metal. Questo festival è molto interessante per chi viene da un paese, come l’Italia, in cui i Festival sono molto, se così si può dire, settorializzati.

Ne mancano ancora tantissimi di palchi, per cui la scelta è ampia; ci interesserebeb scoprire nuovi mercati, come il Giappone, per esempio. Un altro nostro sogno sarebbe quello di suonare, prima o poi, con i nostri idoli, gli Iron Maiden.

 

Quest’anno è uscito il vostro concept album, Apocalypse. Come è il processo creativo e la tempistica?

Lvcio compone le canzoni, mentre Ramon e Rix scrivono i testi. Si ascolta l’opinione di tutti, cercando di andar incontro alle esigenze e alle attitudini di tutti i membri. Ogni membro del gruppo è responsabile di un determinato aspetto. Così, anche nella gestione delle attività correlate al gruppo, ci siamo divisi i compiti: c’è chi si occupa delle traduzioni, chi delle spedizioni e chi, come Jack, di gestire la pagina Wikipedia del gruppo.

Per quanto riguarda la tempistica, è un po’ difficile dirlo. Parte delle canzoni, infatti, sono state scritte negli anni 80. PROLOGUE TO APOCALYPSE, scritta da Lvcio agli inizi degli anni 90, non aveva mai trovato una sua dimensione. Ora, con la decisione di fare il concept album, il brano, finalmente ha avuto un suo perché, perché riusciva a spiegare bene il concept dell’album. L’idea era di farla recitata, il che pose il gruppo di fronte a un grosso problema, perché non avevamo mai affrontato una tale sfida. Fatto sta che però, ogni volta che sentiamo il brano, abbiamo i brividi.

LAST HUMAN STRENGTH ci ha dato filo da torcere per quanto riguarda i missaggi. Lvcio chiese al gruppo di rifare i cori, creando un po’ di subbuglio, perché si era quasi alla fine. Una decisione che si è rivelata vincente.

 

Come cambia, con questo album, la vostra setlist?

Noi facciamo sempre un misto di canzoni, tra le classiche, che *devi* suonare e le nuove, anche se, per ovvi motivi, la maggior parte delle canzoni sono quelle nuove (ne suoniamo 7 delle 11).

 

Esistono brani che non mancano mai?

Qualcuno ce n’è anche se, a volte, per motivi di tempi, ci siamo ritrovati le scalette tagliate. Immancabili i primi brani della nostra carriera «It’s my world» e «Eyes of Wolf».

 

Voi e altri concerti?

Wallace è quello, tra noi, che va a vedere più concerti di tutti, perché adora il live sopra e sotto il palco. Si tratta di gruppi che conosce e di gruppi che non conosce cercando, in quest’ultimo caso, di capire il messaggio che cercano di trasmettere e con quali emozioni lo fanno. Altri, come Ramon, cercano di godersi semplicemente lo spettacolo e l’atmosfera del live. Lvcio, invece, passa all’analisi della musica, quando ascolta un CD, e non riesce più, semplicemente, ad ascoltare musica.

Elisa Cutullè

 

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