In tour attraverso diverse nazioni europee, la cantante italiana ha eseguito una serie di concerti in cui ha presentato alcuni dei brani più importanti della sua ventennale carriera.
L’abbiamo incontrata per voi a Colonia.
La tua carriera musicale è incominciata con brani in inglese. C’era già in nuce questa idea internazionale?
L’inglese era un mezzo e un modo per raccontare me stessa durante la mia adolescenza. Ho iniziato a scrivere canzoni quando ero molto giovane. L’inglese era quasi come un sistema che mi permetteva, a mio modo, di esprimere tutto ciò che sentivo dentro, come i miei problemi, e che avevo difficoltà a comunicare. Era come se l’inglese mi permettesse di tirar fuori tante cose che era impossibile tirar fuori con l’Italiano, quasi come un’ancora di salvezza. Per citare Peter Gabriel, quasi una chiave per un mondo segreto. Questo è stato l’inizio.
Il tuo supporter, nelle date tedesche, Max Buskohl, ha detto di avere in comune, con te, l’indecisione della lingua in cui cantare. Tu come vivi questa dualità linguistica?
Quando ne abbiamo parlato con Max a Berlino, lui mi ha detto di scrivere, da un po’ di anni, anche brani in tedesco, continuando a scrivere, però, anche brani in inglese. Ascoltandolo mi sono chiesta se, probabilmente, questo aspetto potrebbe essere una caratteristica europea perché, quando si tratta di viaggiare in altri paesi, l’inglese è la lingua che aiuta a varcare i confini, quasi come un passaporto.
In 20 anni di carriera hai un forte curriculum musicale. Che difficoltà incontri nel realizzare una setlist per un tour?
90 minuti sono pochi. Non essendo una grande fan dei medley, dato che preferisco eseguire un brano per intero. Quello che, però, ho fatto qualche volta, sono state le canzoni a richiesta, con qualche strofa o ritornello. Questo perché leggevo dei cartelloni che il pubblico aveva portato da casa con le richieste.
Questo Tour Europeo 2018 l’ho fatto, in un certo senso, anche molto per me stessa, per cui mi sono permessa di scegliere quello che piaceva fare a me in questo momento. Ho scelto le canzoni che erano importanti per me ed erano anche quelle importanti per la gente.
Il questo tour il brano conclusivo è stato quello che Luciano Ligabue ha scritto per te. Come mai questa scelta?
Non molto tempo fa, ho parlato proprio con Luciano di cosa significasse questo brano per me. Mi fa piacere che anche lui ora, cosa che non aveva pensato di fare all’inizio, interpreta questo brano. Secondo me è una canzone potentissima che ha dentro qualcosa di magico, che va al di là della musica. Non so come spiegarmi, ma a me sembra che questo brano sia un cuore aperto e noto, quando lo canto, un’atmosfera nella gente diversa. Durante quel brano succede qualcosa, perché noto che si scaldano tutti, non esistono più schermature. Il pubblico si apre e si lascia andare. Non so definirne il perché, anche se mi viene da pensare che è causato dal testo. Ha delle parole, infatti, che statuiscono delle verità, valide per tutti, che portano a riflettere sulla propria vita. È un’empatia incredibile che porta tutti a sentirsi coinvolti.
I tuoi fan cantano anche volentieri per te e con te…
Da quel punto di vista sì, è un po’ come essere in Italia. È il calore tipico di noi italiani che abbiamo dentro, e cioè quello di sentire la musica a 360°C. Ci piace cantare ai concerti e, forse, più di quanto succeda in altre nazioni. Devo dire, però, che i fan sono anche bravi a mantenere la concentrazione in certi punti dello spettacolo, ascoltando e partecipando.
Quella con Ligabue non è l’unica “collaborazione” che hai avuto. Cosa significa, per te, collaborare con altri artisti?
Ho passato tutta la prima parte della mia carriera a non farne. Infatti nei primi 10 anni ne ho fatto molto poche. Probabilmente perché nella prima parte della propria storia si ha la necessità di definire la propria identità e raccontare il proprio messaggio e il proprio mondo. Ad un certo punto della mia carriera, mi sono resa conto di aver individuato il messaggio e di averlo trasferito agli altri. A questo punto è venuto fuori un aspetto mio più personale in merito alla condivisione. Per me la condivisione ha un aspetto importante e la musica ha un ruolo importante. Le collaborazioni, quando sono sentite (e per me lo sono sempre), diventano il simbolo ad uno scambio dell’anima a cui io tengo molto.
Sei attenta alle problematiche sociali. Un artista, ha il dovere di essere socialmente consapevole di cosa sta succedendo nel mondo?
Nessuno dovrebbe essere indifferente a quello che succede nel mondo. Penso che l’indifferenza sia una brutta arma. La definisco arma, perché fa male. Ci sono tantissimi motivi per cui è bene puntare un faro sui problemi su qualsiasi scala, sia più piccoli che più grandi. In un certo senso è un controsenso occuparsi di trasmettere un messaggio positivo quando c’è qualcosa che non va. Se si dimostra sensibilità verso problematiche interiori perché non farlo con eventi di più larga scala? Sono convinta che sia importante, per tutti, cercare di sentire i problemi, di parlarne, di tirarli fuori. Nascondere e ignorare non serve.
Elisa Cutullè