La migrazione del movimento

Il movimento quale filo d’Arianna che unisce, nella nuova coreografia messa in scena dal balletto di Saarbrücken e presentata in anteprima il 18 febbraio 2017.

 

Anna Konjetzky, che vive e opera a Monaco di Baviera, presenta con ground, un viaggio nelle più intime sfaccettature dei ritmi nella vita quotidiana delle persone. Le sue coreografie si concentrano, spesso, sui rapporti tra persone e dimensioni spaziali e, in questo caso, il focus si concentra sull’impulso che porta ad abbandonare l’immobilità, la staticità di usi e abitudini per scoprire nuove dimensioni attraverso la mobilizzazione. La scenografia, curata da Linda Sollbacher, opera sull’essenzialità e presenta, graficamente, gli ostacoli inaspettati della vita, con grossi massi che cadono, all’improvviso, dal cielo e costringono i ballerini (Edoardo Cino, Marioenrico d’Angelo, Hope Dougherty, Yuki Kobayashi e Miguel Toro) a reinventarsi, a cercare di trovare nuovi stimoli e nuovi orizzonti. La musica di Sergej Maingardt, sottolinea questi momenti di immobilità e movimenti repentini a volte anticipatori e a volte rispecchianti gli eventi della vita.

Konjezki non fornisce una soluzione, né propone un percorso da seguire o una formula magica per ritrovare un equilibrio o capire esattamente cosa fare: è uno spaccato della vita, un’istantanea che porta lo spettatore, per un momento ad interrogarsi sulla propria posizione rispetto a movimento ed immobilità.

 

Liliana Barros, ballerina di origini  portoghesi, allo Staatstheater di Saarbrücken da quasi quasi 10 anni, presenta con My name is Legion  una coreografia “importante”, non solo per la sua carriera ma anche per la tematica trattata.

Il nome del pezzo, contiene in sé già l’essenza del messaggio: “Il mio nome è legione, perché siamo in tanti”. La molteplicità  non viene interpretata come divisione, bensì come sfaccettatura di elementi diversi di una comunità. Diversità culturale, religiosa o sociale vuole e deve essere interpretata come opportunità di conoscere il diverso e mettersi in gioco.  L’allestimento scenografico e i costumi di Katrin Gerheuser, evidenziano  la non esistenza di chiari limiti: alcuni costumi di scena sono monocromatici, altri presentano accenti di colori, a volte cromaticamente abbinati altrimenti veri colpi visivi. Colpi visivi che diventano colpi e armonie nelle composizioni di Martin Mittelstieler.

Louiza Avraam, Dean Biosca, Yaiza Davilla-Gomez, Melanie Lambrou/Jin Young Won, Federico Longo, Efthimis Tsimageorgis, Francesco Vecchione e Randolph Ward sono unici e diversi, finché iniziano ad interagire ed anche a farsi avvolgere e bloccare dalle convenzioni e dai limiti sociali. Ma non rimangono bloccati da questi, bensì si sentono stimolati a creare un’unità, fondendo, non perdendo la propria identità individuale.

La serata invita, con successo, il pubblico a mettersi in discussione e a non rimanere bloccati nelle convenzioni.

 

 

Elisa Cutullè

 

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