Figlio di Ettore Desderi fu direttore artistico del pisano Teatro Verdi dal 1991 al 1998 e del torinese Teatro Regio dal 1999 al 2001. Noi lo abbiamo incontrato in occasione della sua presenza al Kissinger Sommer 2016, nella sua funzione di direttore dell’orchestra di Padova e del Veneto per il galà dell’opera italiana.
Lei e la musica: quando è nata questa relazione?
Sono nato in una famiglia musicale, di musicisti. Non ho mai pensato di poter vivere senza far musica. La musica è sempre stata, e lo è ancora, una cosa molto naturale.
Dapprima ho lavorato come cantante, baritono, per esempio, nel 1969 come Gaudenzio nel Il signor Bruschino di Gioacchino Rossini a Edimburgo. Ho deciso, poi di non calcare più le scene, ho cercato un altro modo di vivere all’interno della musica, dedicandomi all’insegnamento e alla direzione.
Cosa significa, per Lei, lavorare con diversi cantanti e diverse orchestre?
È un processo abbastanza normale. Si incontrano i cantanti e si studiano con loro le parti e altrettanto si fa con l’orchestra: si cerca sempre di fare il meglio, sperando di dare gioia al pubblico.
Non ho preferenze sulla tipologia da dirigere, anche se, lo ammetto, trovo che Mozart e Rossini, per esempio, siano compositori molto vicini a me. Forse, direi, preferisco l’esecuzione di un’opera completa all’esecuzione di singoli brani, principalmente, per l’esperienza della completezza dell’opera.
Quanto è importane il luogo per la riuscita di un concerto?
Si sogna, sempre, un gioiello di teatro dall’acustica perfetta. A Bad Kissingen, per esempio, i luoghi concertistici sono, architettonicamente costruiti in maniera tradizione, con un’acustica piacevole che migliora quando nella sala c’è il pubblico: in questo modo è possibile conferire alla musica tutte quelle sfumature che il compositore desiderava.
Siamo rimasti, in certo senso, come orchestra, l’ultimo avamposto di quelli che fanno musica senza amplificazione, senza artefatti, per cui il luogo assume una valenza importante.
In linee generali, i concerti all’aperto sono sempre un grande problema, perché ci sono diversi rumori e il suono tende a disperdersi. Toscanini usava dire “All’aperto si fa soltanto il picnic”. La magia e l’emozione del momento sono difficili da catturare.
In alcuni teatri è possibile acquistare, direttamente dopo il concerto, la registrazione del concerto stesso. Lei che ne pensa?
Ci sono, è vero, alcuni teatri, che sono stati concepiti e funzionano benissimo come sale da registrazione. A dire il vero, questa possibilità non desta in me preoccupazione. Volendo essere esigenti, forse le registrazioni non sono perfette e andrebbero corrette, come si fa in studio.
Per me, tuttavia, la musica non vive nella registrazione, bensì nell’esecuzione dal vivo e nell’emozione del momento, difficilmente riproducibile in una registrazione.
Il panorama musicale tedesco…
… al giorno d’oggi sopravvive meglio di molti altri paesi, perché alla cultura viene data ancora molta importanza. Ciò si distanzia da quello che sembra accadere negli altri paesi occidentali, in cui, pare, sembra esserci un progressivo tentativo di allontanarsi dallo sforzo culturale, salvo che nelle città principali. In Germania, invece, si trova un panorama musicale molto interessante in tutti i paesi.
Come è nata la collaborazione con la città di Bad Kissingen?
Come succede sempre: amicizie a cui segue un invito. Circa 3 anni fa, la sovraintendente era presente a un concerto che avevo diretto a Varsavia e da lì tutto ebbe inizio. Trovo Bad Kissingen un posto estremamente tranquillo, le persone molto disponibili e l’organizzazione ineccepibile. Mi fa estremamente piacere essere stato invitato a partecipare in occasione del 30simo anniversario.
Il suo tempo libero come è?
Ho sempre fatto sport, mi piace leggere e viaggiare per conoscere angoli di mondo con mia moglie e i miei figli.
Elisa Cutullè