Una pausa meritata- Incontro con Pippo Pollina

pippo pollina small

Il 22 Agosto Pippo Pollina terrà il suo concerto “Gran Finale” nello Hallenstadion di Zurigo. In uno spettacolo  composto da 35 canzoni della durata di 4 ore, sarà in scena con diversi amici musicisti come, Finardi, Battiato e gli Intillimani. È  il suo ultimo concerto prima della sua pausa artistica di 2 anni fino al 2017.

Lo abbiamo incontrato per voi.

 

La tua carriera è iniziata con gli Agricantus. Come è nata la voglia di fare quel tipo di musica?

Eravamo vicini di casa, amici dello stesso quartiere a Palermo. La musica era un modo per esprimere i sentimenti che non riuscivamo ad esprimere nella vita di tutti i giorni: era il veicolo perfetto per trasportare i nostri messaggi e anche i nostri desideri.  È stata anche l’occasione in cui abbiamo capito che la vocazione musicale c’era e che la musica poteva diventare la nostra attività futura, qualora le condizioni lo avessero permesso.

L’inizio non è stata una passeggiata. Non essendoci la tecnologia che c’è oggi, fare musica in maniera più professionale significava affrontare delle spese non irrisorie, specialmente da minorenni come lo eravamo noi.  Tuttavia, visto che il nostro genere, allora chiamato musica popolare, era praticata da pochi giovani, per cui riuscivano a fare diversi concerti nelle feste dell’Unità o nelle feste del paese.

Ripensandoci oggi, a 35 anni di distanza, mi sento di dire che è stata una bella esperienza. Uno dei ricordi più belli di quel periodo era la passione con cui facevamo musica e ci credevamo, consapevoli dell’anacronismo del nostro pensare. Vivevamo la giovinezza così pregna di contenuti diversi da quelli dei nostro coetanei con estremo orgoglio. Era il nostro elemento di forza.

 

Quando è scattato poi il desiderio di fare qualcosa di diverso?

Dopo 6 anni di musica insieme mi sono reso conto che le cose erano cambiate per me e c’erano, in me, desideri di interessarsi ad altro come giornalismo, scrittura e anche stili e territori musicali diversi. Mi sono reso conto che, dal punto di vista artistico, avevamo ambizioni diverse: c’era chi voleva indirizzarsi verso territori più jazzistici, chi verso territori più intellettuali, chi ai cantautori. In generale c’erano aspettative e desideri di evoluzione musicale diversa.

Capendo che ci eravamo allontanati, ad un certo punto, mi sono reso conto che era il momento di lasciare.

Il distacco è stato sofferto all’inizio ma era assolutamente necessario, poiché sapevo che la mia situazione di uomo e di artista passava da lì, dal distacco della grande madre. Visto che avevamo iniziato da bambini e che il gruppo non era uno al qual ci si univa o meno, bensì un collettivo che aveva una struttura interna molto forte e che dava anche da mangiare a tutti noi non esistevano le normali logiche di gruppo. Per ciò quindi, più madre che gruppo.

 

Come hai selezionato, da allora, i musicisti che ti hanno accompagnato nella tua nuova avventura?

Dopo l’esperienza del gruppo ho preso la mia scelta individuale e soggettiva di non avere un gruppo fisso, bensì musicisti che mi accompagnano per diversi progetti.

È l’arte dell’incontro, quella di riuscire a realizzare empatia e trovare la completezza nella realizzazione musicale. Se l’equilibrio continua a funzionare allora il musicista è quello che va per quel progetto.

Quando arriva il momento in cui l’equilibrio interno cambia, arriva anche il momento di iniziare nuove collaborazioni con nuovi musicisti.

 

Dalla Sicilia alla Svizzera: come è nato questo spostamento?

La Svizzera aveva per me due-tre caratteristiche molto importanti, molto vicini al mio carattere. Cercavo un posto dove la gente rispettava gli altri, arrivava puntuale non facendoti aspettare e che rispettasse l’ambiente in cui viveva.  Nonostante tutto è stato davvero un caso che io mi sia fermato in Svizzera. Per tre anni ho fatto il musicista di strada negli Stati Uniti, Canada, Sudamerica, Nordafrica ed Europa.

In Svizzera ho conosciuto un cantautore del luogo, Linard Bardill, che mi ha indicato una strada professionale che per me poteva essere interessante da percorrere. Li ho incontrato anche un produttore e una casa discografica.

 

Case discografiche vs. autoproduzione. Quale è il tuo parere?

Artisticamente mi sono sempre prodotto da me, perché non ho mai voluto interventi ingombranti, rispetto alle scelte artistiche che ho fatto.

Il successo è importante ma solo nella misura in cui porti avanti le cose che vuoi portare. Non deve essere il fine.

 

Sei, dall’inizio dell’anno, in giro con una tournee che ti sta portando in grandi e importanti città tedesche come Lipsia, Dresda e Weimar poi in Austria e infine in Italia. Come è strutturato lo spettacolo?

Ci sono tre musicisti sul palco, privilegiando, quindi, un’atmosfera abbastanza intima. C’è il sassofonista e clarinettista Roberto Petroli, il chitarrista Max Kaemmerling e poi io che mi alterno al pianoforte e alla chitarra.

Cercherò di restituire una quintessenza del mio repertorio rispettando gli equilibri tra repertorio vecchio che, magari è più vicino alle aspettative del pubblico che vuole sentire le cose che conosce già e, magari, qualcosa di nuovo per andare avanti.

 

 

Sarai in periodo sabatico fino al 2017: cosa fari in questi due anni?

Penso di meritarmi una pausa  per fare, dopo tanto tempo, un viaggio dentro di me e non fuori di me. Mi piace l’idea dell’immobilità l’idea di stare a casa, l’idea di svegliarmi la mattina senza avere impegni ed essere libero di decidere la mia giornata. Avrò tempo così per improvvisare, fare l’abbonamento a teatro ed andare a vedere uno spettacolo quando ne ho voglia e non trovarmi nella situazione di dover rinunciare ad un concerto che avrei voluto vedere perché anche io quella sera sono impegnato. In altri termini per avere il tempo di fare quelle cose che non sono riuscito a fare negli ultimi 30 anni.

Elisa Cutullè

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