Il gatto di Schroedinger visto da Forest- Incontro con l’autore

Forest

Da poco è uscita la traduzione italiana dell’ultimo romanzo di Forest in cui  ci viene presentato il  paradosso del gatto di Schrödinger: una metafora della condizione umana, focalizzata sulla intricata e dolorosa questione della perdita di una persona amata. Il gatto, contemporaneamente vivo e morto, è anche allo stesso tempo qui e altrove, e su questa effettiva condizione di possibilità Forest innesta, come negli altri suoi testi, una dimensione autobiografica, che è radice di più ampie elaborazioni sulla realtà dell’immaginabile.

Abbiamo incontrato l’autore per voi.

 

 

Come è nata l’idea di scrivere un romanzo su un’ipotesi di fisica quantistica?

In realtà,  non avevo assolutamente intenzione di scrivere un romanzo su un teorema della fisica quantistica che da un lato ingoravo e dall’altro non mi interessava affatto. Il testo è nato, in effetti dall’esperienza che viene raccontata nello stesso: l’arrivo, nella mia vita, di un gatto vagabondo che è stato con me per circa un anno. Il fatto è che, per uno scrittore, i fatti quotidiani richiamano dei riferimenti letterari, mitologici e filosofici. Il gatto di cui racconto mi ha fatto venire il mente quello che Beaudelaire evoca in Les Fleurs du Mal, al gatto Chesire di Alice nel paese delle meraviglkie die Lewis Carroll… e infine al famoso gatto di Schrödinger. L’esperienza del pensiero inventato dal personaggio austriaco mi ha affascinato. Credo inoltre che non sia stato un caso se Schrödinger avesse proprio utilizzato un gatto per spiegare il concetto di “superposizione” quantistica. Il gatto è, per antonomasia, una creatura duplice che vive tra il mondo reale e quello spirituale riuscendo a far parte, simultaneamente, di due universi opposti. Rappresentano delle metafore formidabili pe ri poeti e, per quel che mi riguarda, l’idea di una creatura che è in bilico tra la vita e la morte, è in perfetta armonia con la mia opera che tratta sempre del rapporto tra desiderio e dispiacere.

Che rapporto avevi con la fisica quando eri a scuola?

Alle superiori avevo fatto studi scientifici che ho proseguito per un po’ anche dopo il diploma.  Non facevo, dunque, parte dei “letterati” che hanno un’allergia al solo sentir parlare di matematica o fisica. Ma, bisogna dirlo, non risultavo essere molto portato per quelle materie e, quando me ne sono reso conto, ho cambiato orientamento di studi optando per Scienze Politiche e Letteratura. Ma la curiosità per il mondo scientifico non mi ha mai abbandonato. La famosa frase di Heidegger che afferma che la scienza non pensa  mi è sempre parsa un esempio perfetto di stupidità e di arroganza filosofico. L’uso della fisica quantistica che  faccio ora è puramente metaforico, letterario. Me ne servo a modo mio insomma. Sicuramente ho studiato molto prima di scrivere il romanzo e le menti scientifiche che hanno letto il gatto di Schrödinger mi hanno confermato che i miei riferimenti e le mie citazioni alla fisica quantistica era tutti corretti. È come se il mio romanzo potesse venir considerato come un tentativo di rendere la fisica comprensibile, quasi come “La fisica quantistica per dummies”.  Devo anche ammettere, tuttavia, che mi sono sempre stupito del poco interesse che il mondo della letteratura ha dimostrato ne confronti della scienza. Se pensiamo che la Divina Commedia di Dante Alighieri è una vera e propria enciclopedia del sapere medievale,  ci saremmo aspettati che nel XX secolo ci fosse qualche interesse  e qualche tentativo in più. In mente mi viene solo Il sistema periodico di Primo Levi, un romanzo che io ammiro molto.

Uno stato di indecisione tra la vita e la morte, tra il volere e il non volere… come si caratterizza la vita?

Quello che mi interessa è proprio questo stato di indecisione tra la vita e la morte, ma anche tra il sogno e la ragione, la realtà e la finzione, il positivo e il negativo. Essere vivo significa trovarsi in equilibrio instabile tra tutti questi contrari. E il movimento perpetuo da un polo all’altro diventa l’oggetto della letteratura. Nel Secondo Manifesto del Surrealismo, André Breton spiega che la poesia mira a quello che lui definisce un “punto supremo” dello spirito in cui non vi sono più contraddizoni. A differenza della poesia, il romanzo non mira ad abolire le contraddizioni, ma a rendere conto del movimento incessante per cui una cosa si trasforma nel suo contrario e viceversa.


Hai ricevuto, tra l’altro il Prix Femina e il premio Grinzane Cavour. Cosa significa per te essere premiato per quello che scrivi?

Ho ricevuto diversi premi. Per Saringare anche il Prix Decembre, che è uno dei maggiori premi letterari francesi. Ma devo ammettere che sono particolarmente fiero del Premio Grinzane Cavour che mi è stato conferito per il romanzo TOUTE LA NUIT. Di tutti i miei romanzi è stato quello che ha avuto meno successo in Francia ma anche quello di cui sono più fiero. Con ciò non voglio dire che il valore di un libro aumenta o dipende dal fatto che gli venga o meno conferito un premio. In Francia, per esempio, non sono mai entrato nella selezione del Prix Goncourt che è considerato il premio letterario più importante in Francia. Se Il gatto di Schrödinger  ricevesse un premio in Italia ne sarei contento. Ma, in sostanza, direi che sono contento di qualsiasi cosa che porti alla lettura di un libro perché è prezioso qualsiasi contributo. Soprattutto per uno scrittore come me i cui libri,  ne sono ben cosciente, non possono pretendere di diventare dei bestseller della letteratura mondiale, perché non sono adattabili per il cinema o non sono adatti ad essere venduti nelle edicole agli aeroporti. Ho la fortuna che i miei libri vengono ben recepiti in Francia e in qualche altro paese e che ci siano i lettori per gli stessi. Questo è quello che conta

Cosa ti affascina della letteratura e cosa ti infastidisce perché lo percepisci come limite?
Credo che la letteratura esista perché ci sono dei limiti a quello che l’uomo può conoscere e comprendere.  La realtà ci sfugge di mano. Come ha affermato George Bataulle, esiste una “Parte maledetta” dell’esperienza umana che lui definisce “l’impossibile”. Per me il romanzo esiste  in quanto risponde a una richiesta della realtà, a una richiesta dell’impossibile. Quello che ci sfugge e che concerne la parte del desiderio e del dispiacere nella nostra vita  la letteratura lo avvicina attraverso le favole, le immagini e i concetti che inventa.

Progetti futuri

Ho appena terminato per le edizioni Gallimard una biografia importante di Aragon, uno dei maggiori scrittori del gruppo surrealista nonché romanziere nel partito comunista francese. Devo ammettere che come persona è noto principalmente per il suo ruolo della resistenza durante la guerra e, al giorno d’oggi, poco considerato per la sua affinità con lo stalinismo.

Io personalmente non sono comunista ma sono affascinato dall’opera e dall’esistenza di questo scrittore e per il suo modo di vivere nel XX secolo.

Lavoro inoltre a un progetto con le edizioni Grasset, un saggio che per certi libri ricorderà gli scritti di Barthes. Pubblicherò, certamente, una nuova raccolta dei miei testi critici presso le edizioni Cecile Defaut e poi, sarebbe ora di rimettermi a scrivere un romanzo.
 

Elisa Cutullè

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