Luca Ragagnin è un virtuoso della parola. Nato a Torino nel 1965 incomincia a scrivere racconti e poesie nei primi anni ’80, poi si dedica alla scrittura teatrale, e dal 1994 collabora come paroliere con diversi musicisti tra i quali i Subsonica. Nel 1995 vince il Premio Montale per la poesia con una silloge inedita L’angelo impara a cadere pubblicata l’anno successivo dall’editore Scheiwiller. Collabora con quotidiani e riviste di vario genere.
Nel 2007, insieme a Enrico Remmert, adatta per il teatro il libro Elogio della sbronza consapevole. Nel 2009, sempre con Enrico Remmert, scrive 2984, testo teatrale ispirato a 1984 di George Orwell. Nel 2012 scrive per Lella Costa Elsa Shocking, monologo basato sull’autobiografia di Elsa Schiaparelli Shocking Life e nel 2014 scrive per Angela Baraldi lo spettacolo The Wedding Singers. Le sue poesie sono tradotte in diversi Paesi europei.
L’abbiamo incontrato per parlare con lui del suo ultimo romanzo.
Arcano 21: come è nato il titolo?
Arcano 21 è un tarocco maggiore, Il Mondo, una delle più belle carte di questo gioco divinatorio. Simboleggia molteplici aspetti, tutti molto positivi, tra i quali vi è quello dell’armonia degli opposti. Come se, per arrivare a una qualche realizzazione, si dovesse viaggiare dentro una clessidra in continuo capovolgimento. Ed è proprio questo che succede al protagonista del romanzo. In maniera simbolica, certo, ma da un certo punto in avanti, anche in modo esperienziale, fattivo.
Perché il mondo dei librai? Reminiscenze de La Storia Infinita o Inkheart?
No, nessuna reminiscenza letteraria specifica. Semmai una diffusa volontà di mettere su carta la passione tentacolare, diramata, che continuamente esplode e si rigenera, per la lettura, le storie e le opere.
Come mai hai deciso di far dialogare i personaggi tra loro?
Perché mi serviva un evento narrativo che potesse, per l’appunto, trasportare nel mondo fenomenico l’impalpabilità di una mente completamente avvolta da tale passione.
Quale è stato l’incontro più improbabile che hai amato maggiormente?
I personaggi letterari che si animano, si accalorano e discutono tra di loro, all’interno della Testa ospitante – che è poi il ragazzo protagonista del libro – mi hanno sorpreso e divertito tanto più quanto la loro distanza linguistica e caratteriale si allontanava. E’ la comicità dell’improbabile. Allora, per nominarne due soltanto, ti dico Siddharta alle prese con un iroso beone irlandese (uscito però da un’opera di Raymond Queneau)…
Tu e la scrittura: che rapporto avete?
Mi è difficile in poche parole o con una battuta rispondere a una domanda che apre sottotesti infiniti, senza essere banale. Ho incominciato a scrivere da adolescente per amore della lettura. Perché molti scrittori mi sono stati amici e educatori, dalla loro distanza storica. Mi hanno aiutato a crescere e a vivere.
Musica e parole: come si è delineata la tua collaborazione con i Subsonica?
Per l’amicizia di antica data che mi lega a Max Casacci – ero lì, nei paraggi, quando il gruppo si è formato -, e per l’amore che da sempre nutro per i suoni delle parole, la loro conformazione fonetica, l’oralità e, appunto, la musicalità.
Scrivere per il teatro: quali ne sono le peculiarità?
È una scrittura (può esserlo, ma non necessariamente) del tutto diversa, che deve tenere conto di aspetti reali – il volto e le voci degli attori, i costi di produzione, la realizzazione scenica. Ed è una grande palestra per i dialoghi, ovviamente…
Hai vinto il premio Montale: onere o onore?
Né l’uno né l’altro, a distanza di vent’anni. Solo grande tenerezza per quel trentenne un po’ tremante e intimidito che, sul palco del Teatro Argentina a Roma, salì per stringere la mano a una giuria di giganti…
Progetti e sfide future?
Ho un nuovo romanzo in cantiere. ma ne riparleremo alla fine del 2015.
Elisa Cutullè