La Tosca di Puccini— che donna!

Tosca

È stato l’ultimo ruolo interpretato sul palcoscenico da Maria Callas prima della sua scomparsa Era l’inaugurazione della stagione lirica del Covent Garden del 1965. Una gran donna per un gran ruolo.

Uno dei ruoli più amati nel panorama lirico e interpretato, tra gli altri anche dalla Tebaldi e Monserrat Caballè, che non partì proprio sotto una buona stella. Infatti quando Giacomo Puccini vide per la prima volta il dramma d Victorien Sardou, LA TOSCA, contattò immediatamente  Giulio Ricordi per sottoporgli la sua idea di musicarla.   Sardou, sebbene non fosse entusiasta dell’idea, acconsentì e concesse la trasposizione musicale. Tuttavia non a Puccini, bensì ad Alberto Franchetti. Quest’ultimo, tuttavia, dopo appena alcuni mesi, rinunciò all’opera e così  Ricordi conferì  nel 1895 a Puccini il tanto desiderato incarico. Così nel 1896 venne chiamato anche Giuseppe Giacosa a collaborare con Luigi Illica alla stesura del libretto. CI vollero ben 3 anni e diverse discussioni per concludere l’opera nel mese d’ottobre del 1899 e poi metterla in scena il 14 gennaio del 1900 al Teatro Costanzi di Roma. La prima non andò proprio liscia però: a causa del ritardo di alcuni spettatori il direttore d’orchestra fu costretto ad interrompere l’esecuzione e a ricominciare da capo.

La stampa non sembrò, almeno all’inizio, apprezzare il lavoro di Puccini  non considerandolo molto in linea con i due lavori precedenti. Eppure la storia avvincente dimostrò ben presto la sua validità: a soli 3 anni dalla sua messa in scena venne  messe in scena mei migliori teatri del mondo. All Wiener Staatsoper arrivò “solo” nel 1010 ma da allora ebbe almeno 1.000 rappresentazioni. E oggi, nel XXI secolo, continua a rimanere un’opera attuale, intrigante e fonte di ispirazione.  Lucio Dalla, il cantautore scomparso qualche anni fa, nel 2003 portò in scena la sua opera moderna “Tosca-Amore disperato” ispirata al melodramma di Puccini  con un libretto molto fedele arricchito di scene di ballo e dei costumi di Giorgio Armani.

 

Lo Staatstheater di Saarbrücken aveva scelto questa opera per la riapertura del teatro (dopo alcuni lavori di ristrutturazione) nel novembre 2013. Il successo e l’amore del pubblico per questo triangolo pucciniano ha portato la direzione a riproporlo per quattro volte nel mese di gennaio 2015, con un cast leggermente diverso, sotto la direzione musicale di Nicholas Milton e con Gaetano Franzese come direttore di scena. La messa in scena di Dagmar Schlingmann presenta allo spettatore, fin dall’inizio, l’essere ingombrante del personaggio di Tosca e della sua fine.  Con un filmato proiettato su una tela, si vede una donna, Tosca, camminare, vagare nell’infinito e poi cadere nel vuoto.  Nulla è lasciato al mistero: ci sarà la morte della protagonista e ciò viene ricordato in continuazione, quasi ad esorcizzare questo passaggio. E la Tosca proiettata non è addolorata né disperata, tantomeno mostra paura o dolore: è già ad uno stato successivo, già in un mondo oltreterreno in cui avrà la possibilità di ricongiungersi al suo Cavaradossi in un mondo lontano dai sotterfugi. I vestiti fluttuanti, gli effetti ottici di tromb d’oeil non mettono ansia, anzi: fanno percepire questo passaggio come dovuto, necessario ed aspettato.

Anche la scenografia di Sabine Mader è un spostarsi tra la realtà e la fantasia; non antiteticamente tuttavia, bensì come convivenza automatica e quasi simbiotica.  L’affresco della Attavanti in chiesa ripresentato in tre dimensioni e passaggi, sottolineando la necessità dell’artista di avere diverse possibilità di interpretazione; la stanza arazzata i Scarpia con un tavolo adibito metà a  tavolo da pranzo e metà a scrivania; Castel San Angelo e i suoi bastioni, con due livelli di gioco ed interpretazione. Inge Medert ha optato per costumi a-temporali: abiti a giacca, gonne lunghe o vestiti da Cocktail attillati: quasi a voler significare che la caratterizzazione del tempo non è importante.

Allora cosa è importante? Eros e thanatos: è e lo rimarrà. L’amore non corrisposto di Scarpia che fa di tutto per far sparire il rivale, Cavaradossi dalla faccia della terra. Eppure, nonostante questo suo desiderio di supremazia e volontà assoluta di controllo, abbassa la guardia e non riesce, seppur grande stratega, ad intuire le intenzioni di Tosca che lo accoltella. Tosca è un’omicida, eppure il pubblico non la condanna mai perché soffre con lei e vede il suo gesto come atto d’amore disperato e, in vista della promessa non mantenuta di Scarpia di salvare Cavaradossi, come atto giustificato e dovuto. La pecca di Tosca? Avere, in fin dei conti, aver avuto fiducia in una persona senza scrupoli che vive per il solo appagamento personale.

Come resistere quando Eszter Sümegi (Tosca)  canta la romanza E vissi d’arte o Mickael Spadaccini (Cavaradossi) interpreta E lucevan le stelle? Inevitabilmente gli altri personaggi passano in secondo piano: qui si tratta di Amore, con la A maiuscola.

Anche Giuseppe Verdi confidò al suo biografo che, se non fosse stato per la sua età avanzata, gli sarebbe piaciuto essere lui a musicare la Tosca. Chissà come avrebbe reagito Puccini a questa concorrenza.

 

Elisa Cutullè

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