60° FESTIVAL PUCCINI – TRIONFA IL TRITTICO E I GIOVANI DELL’ACCADEMIA DI ALTO PERFEZIONAMENTO PER VOCI LIRICHE PUCCINIANE.

Gianni Schicchi Festival Puccini 2014

Che fosse un anno “speciale” lo avevamo in qualche modo compreso: le molte ed importanti variazioni di management, un diverso orientamento della macchina organizzativa, una sorta di ritrovato “entusiasmo” ci sembravano indicativi segnali di un cambiamento, almeno nelle intenzioni.

Abbiamo anche visto come, nonostante l’inclemenza del tempo che ha messo in forse i primi due spettacoli della stagione, il pubblico abbia risposto con una presenza da “tutto esaurito” che non si è fatta intimorire nemmeno dalla pioggia.

Bene, ci mancava un altro tassello che domenica 3 agosto ci è stato proposto: la lirica affidata ai giovani! Eureka! Si è svelato l’arcano del progetto Puccini 2.0 con un Trittico di ottimo livello nato da un bando di concorso per regia, scene e costumi e da un percorso che l’Accademia di Alto Perfezionamento per voci liriche pucciniane del Festival ha fatto selezionando e preparando le voci dei giovani interpreti, interfacciandoli con grandi protagonisti della lirica internazionale.

Ad aggiudicarsi  il bando  per l’ideazione dell’opera è stata la proposta di un  gruppo  di donne guidata dall’arch. Monica Bernardi che ha firmato le scene; con lei Carla Conti Guglia assistente alla scenografia e ai costumi, Selene Farinelli per il progetto di regia de Il Tabarro, Vittoria Lai e Giorgia Guerra per la regia di Suor Angelica, Elena Marcelli per la regia di Gianni Schicchi e Lorena Marin per i costumi.

Peccato che il Trittico, assente dal teatro Puccini da 40 anni, sia stato presentato nello spazio troppo angusto dell’Auditorium E.Caruso: tutti indistintamente meritavano il palcoscenico del grande teatro, la folla dei 3000, il brivido di una serata da dedicare al pubblico e a Puccini.

E’ stata una fantastica esperienza quella di vedere in quei volti la gioia nel cantare, il piacere di proporsi al pubblico, la leggerezza e la spensieratezza (che la paura non conteneva) di vivere un magico momento com’è quello, finalmente, di misurarsi davvero con quella professione scelta e costruita con pazienza e impegno ma troppo spesso quasi irraggiungibile.

Una scenografia essenziale ma completa ha segnato le tre opere, capace di cogliere il senso dei contesti nei quali i drammi si consumano e in grado di accogliere adeguatamente i personaggi.

Un bambino, il file rouge che unisce le tre storie: quello perduto da Giorgetta, quello perduto da Suor Angelica e quello che assiste, divertito, alle dispute ereditarie della famiglia Donati. Una presenza discreta ma significativa che aggiunge, nel simbolismo di alcuni gesti, quelle possibili riflessioni utili a legare quelle opere solo apparentemente lontane tra loro.

A supportare il lavoro dei cantanti l’esperta bacchetta del M° Bruno Nicoli e l’Orchestra del Festival Puccini, non certo in una posizione felice vista l’esiguità dello spazio a disposizione che in qualche caso è divenuta, involontariamente, un muro di suoni tra il pubblico e i cantanti.

In Il Tabarro al di là della figura di Amarilli Nizza che ha interpretato superbamente Giorgetta regalandole tutte le sfumature vocali e drammaturgiche che il personaggio richiede, spiccano quasi tutti gli altri protagonisti a partire da quell’Alberto Mastromarino che ha dato vita e voce ad un ombroso e profondo Michele.

Ottima la voce e l’interpretazione di Mirko Matarazzo, un Luigi appassionato e passionale ma mai sopra le righe; bella la figura disegnata da Manuel Pierattelli de Il Tinca e dolcissima la coppia Laura Brioli e Marco Simonelli, rispettivamente Frugola e Il Talpa. Brillante e solare la voce di Ugo Tarquini, il venditore di canzonette, che avevamo già apprezzato nella serata dedicata al regista Ettore Scola.

Nel complesso meno convincente Suor Angelica nella quale l’Amarilli Nizzi che ha dato la voce alla protagonista, non è riuscita ad eguagliare la performance de Il Tabarro; tutto troppo forte, troppo “urlato” mentre quest’opera, forse, anche nei momenti più drammatici merita il sussurro e i pianissimo. Analogo discorso, pur con sfumature diverse, per Paola Roncolato, la Badessa, Marina Gubereva, la suora zelatrice, Laura Brioli, la zia Principessa, Sandra Mellace, la maestra delle novizie, Federica MarottaSuor Genovieffa, e via via tutte le altre.

Un trionfo invece per Gianni Schicchi in cui Alberto Mastromarino ha dato una prova eccezionale delle sue doti vocali e interpretative lasciando trasparire dietro la figura del saggio e intrepido Gianni Schicchi che il giovane Rinuccio descrive come: “E fine, astuto… Ogni malizia di leggi e codici conosce e sa. Motteggiatore!…Beffeggiatore!… C’è da fare una beffa nuova e rara? È Gianni Schicchi che la prepara! Gli occhi furbi gli illuminan di riso lo strano viso, ombreggiato da quel suo gran nasone che pare un torracchione per così! Vien dal contado? Ebbene? E che vuoi dire? Basta con queste ubbie grette e piccine!” un Falstaff del XIII secolo!

Freschezza nella scena, belle le voci, credibili gli intrecci e quella vivacità non affettata né costruita ma autentica e convincente che prende lo spettatore facendolo quasi protagonista della storia. Tutto funziona al meglio sul palcoscenico e il racconto si colora di tinte diverse e di diverse sfumature lasciando all’ironia e al sorriso il compito di legare tutto. Senza distinzione, ognuno per un verso ha un pregio particolare, enunciamo gli interpreti rinnovando quegli applausi che il pubblico ha generosamente dispensato durante e dopo lo spettacolo: Ugo Tarquini, Rinuccio; Maria Carla Seraponte, Lauretta; Sandra Mellace, La Zita; Manuel Pierattelli, Gherardo; Federica Grumiro, Nella; Pedro CarrilloBetto; Marco Simonelli, Simone; Jacopo Bianchini, Marco; Anna Maria Stella Pansini, La Ciesca; Velthur Tognoni, Maestro Spinelloccio.

Repliche, a grande richiesta viste le numerose prenotazioni quando era tutto esaurito da tempo, il  21 e 30 Agosto, con nuovi cast che esalteranno sicuramente il lavoro svolto nell’Accademia e quello delle registe che hanno saputo, con delicatezza e rispetto, dare ad ognuno dei personaggi delle tre opere un tocco di originalità.

 

Stefano Mecenate

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