
Quando la morte non basta a separare due anime, il passato torna a reclamare ciò che gli è stato strappato. Dopo l’incidente che le ha tolto Andrea, Nina fugge in un piccolo paese di montagna, convinta che la quiete dei boschi possa restituirle pace. Ma la rocca che domina la valle custodisce più di semplici leggende: tra le sue mura, il ricordo diventa presenza, e l’amore perduto sembra chiamarla dalle carte dei Tarocchi. Ombre inquietanti, animali in rivolta, apparizioni che si moltiplicano: qualcosa si è risvegliato, e non intende fermarsi. Tutti parlano della contessa maledetta, donna ribelle cancellata dalla storia e condannata come strega. Ora il suo destino si intreccia con quello di Nina, in un legame oscuro che affonda nelle radici stesse della rocca. Con l’aiuto di Bastian, enigmatico falconiere che vive ai margini, Nina dovrà affrontare un mistero antico e una forza che non conosce pietà. Perché quando una maledizione attraversa i secoli, l’unico modo per spezzarla è scegliere cosa sacrificare. Un gotico contemporaneo che avvolge il lettore in un intreccio di mistero, desiderio e paura.
«Mi chiamo Nina, anche se il mio nome vero doveva essere Nena, come la cantante di 99 Luftballons, una canzone degli anni Ottanta che piaceva tanto a mia nonna. C’è stato poco tempo per decidere, e non poteva farlo mia mamma, che quando sono nata non ha deciso un bel niente perché dormiva. E così lo ha fatto l’addetto dell’anagrafe che ha sbagliato a trascriverlo e io ora mi chiamo Nina, come Nina Hagen, una cantante punk di Berlino che non piaceva a nessuno, tantomeno alla nonna che ci ha messo un bel po’ a digerirlo. Mia madre invece ha stabilito che dormire mentre intorno c’era un gran trambusto non era una cattiva idea e nel letto dell’ospedale ci è rimasta per molto tempo, non si è più svegliata. Quando sono cresciuta abbastanza da mettere in fila le lettere dell’alfabeto e poter leggere, mi sono arrampicata sulla libreria a costo di rompermi l’osso del collo e ho sfilato le sue cartelle cliniche nascoste dietro gli album. «Malformazione artero-venosa cerebrale, cuore bradicardico» sono le prime parole che ho imparato a pronunciare senza incespicare troppo sulla lingua e le uniche che mi ricordino mia madre. I dottori hanno fatto un taglio, mi hanno presa dalla sua pancia e così sono venuta al mondo. Nonna diceva sempre che ho guadagnato due mesi, perché sono nata due mesi prima del termine. Sono il mio bonus vita. È utile averne uno, anche se non sai mai quando ti servirà. Alcuni dicono che il futuro sia come una lunga strada di cui non vedi mai dietro la curva. Per altri è un fiume che, indipendentemente dal suo corso e dalle rocce che lo deviano, raggiunge il mare. Io non so dove porti la mia, di strada, ma a volte riesco a ingannarla e a sbirciare cosa accadrà, prima che scompaia dietro la curva.»
Isotta Salviati è nata di venerdì, con il Sole in Scorpione, in un paese all’ombra di un antico castello. Sempre sospesa fra il visibile e l’invisibile, vive insieme a Kali, una lupa nera del Lagorai, in una casa piena di specchi. Le sue protagoniste sono donne apparentemente comuni, chiamate ad affrontare soglie invisibili. Le loro storie, che sfiorano l’occulto, sembrano incredibili, eppure rivelano che il mistero più grande non è fuori, ma dentro di noi.
