Nino Dolfo: “In principio fu lo sguardo. Taccuino vagabondo di un cronista di cultura”

La copertina ha uno sfondo bianco, minimalista e privo di immagini. Le uniche informazioni presenti sono il nome dell'autore e il titolo del libro, tutti centrati orizzontalmente.

In alto, il nome dell'autore, "Nino Dolfo", è scritto in caratteri grigi chiari. Sotto, il titolo principale, "In principio fu lo sguardo", è in grassetto e in caratteri neri.

Infine, sotto il titolo, si trova il sottotitolo, "Taccuino vagabondo di un cronista di cultura", scritto in corsivo.

In basso, al centro, c'è il logo dell'editore, che sembra essere OLIGO, con il suo nome stampato in blu su un quadrato bianco.

Riprendendo il documentario di Gianni Celati Strada provinciale delle anime, in cui l’autore riunisce amici e sodali, li fa salire su un pullman e li porta in viaggio verso la foce del Po, Nino Dolfo raduna una compagnia variopinta, frutto di decenni di letture e incontri: gli sceneggiatori Vincenzo Cerami e Age, il filosofo Emanuele Severino, i registi Massimo Castri, Franco Piavoli, Silvano Agosti, Alberto Sironi, Gianni Serra, i fotografi Gian Butturini e Ugo Mulas, gli attori Paolo Villaggio, Alain Cuny e Dominique Sanda. E ancora Clint Eastwood, un uomo di teatro a tutto tondo come Renato Borsoni, gli scrittori Lawrence Ferlinghetti, Franz Kafka, Francesco Permunian e persino personaggi delle mitologia come Medea e Didone. Perché, come scrive Paolo Conte, «Si nasce e si muore da soli, ma in mezzo c’è un gran traffico». Tanto per ribadire che siamo le persone che abbiamo incontrato, che il ricordo è il nostro modo, secolare, di pregare, che, senza memoria, siamo nessuno.

Incipit: «Alla fine ogni cosa ha un suo inizio. Dell’incipit diventi consapevole in età matura, quando giri lo sguardo dietro le spalle, perché il futuro ti dà le risposte che tu già sai. E allora, visto che il presente ha la liquidità dell’attimo, scopri che il passato è sempre sorprendente: ci ha seguito con la fedeltà di un’ombra, ci ha aspettato ed è la prova regina che noi siamo esistiti. Il passato custodisce la memoria, il nostro vissuto. E anche soprattutto il desiderio. Si desidera ciò che manca e si è perduto (affetti, persone, emozioni…). «È uno di quei luoghi in cui ti offrono ancora un pasto caldo» ha scritto Norman Mailer. La malinconia ci conforta con il tempo ritrovato, poiché la vita è un’emorragia, una diaspora continua, una sequenza di disavanzi.»

Nino Dolfo (1944), di origini friulane ma bresciano d’adozione, dopo la laurea in Lettere classiche con una tesi di storia del cinema, è stato insegnante, animatore di cineclub, critico cinematografico e poi teatrale, oltre che giornalista culturale per testate come “Bresciaoggi” e “Il Corriere delle Sera”. Ha curato volumi dedicati a fotografi, uno speciale della rivista “Atlante bresciano” sul cinema a Brescia e partecipato alla stesura del libro-memoir Ritratti di città per Grafo editore. Due suoi testi (su Raymond Chandler e Simenon) hanno raggiunto la visibilità sul palcoscenico.

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