“Il Presidente dorme da una settimana. È questo il problema: il Presidente si è addormentato e non sappiamo quando si sveglierà”. Per la prima volta nella storia d’Italia, a ricoprire la più alta carica dello Stato è una donna, Anita Bertoli, intellettuale e attivista, figlia di un politico di lungo corso ed ex partigiano. La Presidente viene colta da un malore, si accascia sull’ampia scrivania della sua stanza al Quirinale e da lì, pur ancora vigile, non riesce più a muoversi. È questo lo spunto iniziale del romanzo. La Presidente non riesce più a muoversi. Può solo pensare: al rapporto con il padre fatto di una distanza fisica, emotiva e politica mai colmata nel tempo; alla madre, una statunitense venuta in Europa a combattere per la libertà, prima in Spagna e poi in Italia; alla relazione con Aldo, già collaboratore del padre. Infine, ai veri motivi della sua candidatura e dell’elezione alla Presidenza della Repubblica. Il Paese si scopre – come lei – del tutto paralizzato: senza la sua approvazione, il Governo non può operare, e le altre cariche dello Stato non si mobilitano per risolvere la situazione di stallo. Al suo destino di immobilità è legato quello di un giovane corazziere, incaricato di vegliarla e di vigilare sui visitatori che a poco a poco diradano. In un reparto d’ospedale vuoto e desolato, appena animato dalla presenza di due infermiere, il soldato riflette sulla sua vita – piena di rimandi a quella della Presidente – e al senso ultimo del suo ruolo e della sua stessa esistenza: rispettare gli ordini e adempiere al proprio dovere.
Il silenzio è d’oro. Non ho mai capito bene questa frase che mia nonna mi ripeteva spesso quando ero un bambino che appena stava in piedi, ma dotato di una chiacchiera infinita, in una casa in cui tutti parlavano poco. All’inizio la prendevo alla lettera, perché la parola di mia nonna era legge, e così anche io parlavo il meno possibile. Ma non capivo come potesse arrivare l’oro stando zitto. Il mio silenzio non si è mai trasformato in oro o in altre ricchezze, ma ora so a che serve. Sono venticinque anni che parlo poco e ho trovato il lavoro che fa per me. Ore e ore di silenzio, a volte nel frastuono più assoluto, io zitto in piedi nella mia bella uniforme. Lo so che tutti mi guardano e si impressionano per la mia statura e la mia immobilità. Quando sono in servizio all’aperto, c’è sempre qualche ragazza che si accosta e pretende di farsi una foto vicino a me, magari con l’autoscatto, come fossi la fontana di Trevi.
Gianni Caria (Sassari 1960),magistrato, è stato Procuratore della Repubblica di Sassari. Il suo primo romanzo, La badante di Bucarest (Robin, 2012), ha vinto nel 2013 a Perugia il Premio Giovani Lettori-Memorial Gaia Di Manici Proietti e si è classificato al secondo posto come opera menzionata al Premio Primo Romanzo Città di Cuneo 2013.
Gianni Caria
Il Presidente addormentato
208 pagine, 16 euro
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