Il nuovo romanzo di Antonella Carta

La copertina del libro "Devi Andare, Nì" presenta una scena evocativa e leggermente malinconica ambientata in riva al mare, suggerendo temi di viaggio, addio o nuovo inizio. Ecco una descrizione dettagliata: Soggetto Principale: Al centro dell'immagine, di spalle, c'è un bambino. Indossa una coppola marrone, una camicia di jeans azzurra con le maniche arrotolate e una salopette (o pantaloni con bretelle) di colore marrone chiaro, abbinata a stivaletti robusti. La sua figura è rivolta verso l'orizzonte marino. Oggetti in Primo Piano: Ai piedi del bambino, sulla sabbia, è posata una piccola valigia di cartone o cuoio, aperta. Al suo interno, spicca un grande fiore di giglio bianco, simbolo di purezza o forse di un ricordo. Sfondo: Il paesaggio dietro il bambino è dominato da un vasto mare calmo sotto un cielo sereno e leggermente nuvoloso. L'elemento più prominente nello sfondo è un grande veliero antico con diverse vele gonfie, che si allontana verso l'orizzonte, rafforzando l'idea di un viaggio o di un addio. Testo della Copertina: In alto, in un carattere chiaro e sottile, è riportato il nome dell'autrice: "ANTONELLA CARTA". Appena sotto, in caratteri grandi e dorati, si trova il titolo del libro: "DEVI ANDARE, NÌ". Tra il nome dell'autrice e il titolo, in caratteri più piccoli, è indicata la tipologia: "ROMANZO". In basso, nell'angolo destro, è visibile il nome della casa editrice: "MURSIA". L'insieme degli elementi crea un'atmosfera sospesa e suggestiva, che invita alla riflessione sui temi del distacco e della partenza.

Nino è figlio della vergogna. Abbandonato in uno scatolo e portato al convento da un angelo sconosciuto, viene accolto da una famiglia rude e numerosa. Ancora bambino scopre brutalmente la verità e inizia a cercare il proprio posto nel mondo. L’incontro con Dela gli fa credere che tutto sia possibile. La vita che costruiscono insieme rischia però di frantumarsi quando il passato torna a chiedere il conto. Nino si trasforma in qualcuno di cui aver paura, ma Dela lo difenderà fino alla fine dimenticandosi di sé. Va oltre il tempo, questo racconto. Quando sembra concluso, torna indietro: un passo nel tramonto, per ritoccarlo d’alba.

Incipit: «Il freddo, per una sera, rinunciò al proprio silenzio. Provò a farsi voce, sfiorò gli occhi aperti del neonato dentro lo scatolo di cartone e gli volle cantare una ninna nanna perché il primo sonno non fosse agitato. Si accorse così di non avere canzoni. La coperta era lì, in imbarazzo per l’abbraccio che tentava di simulare, perché a quegli occhi aperti probabilmente la differenza non era sfuggita. Qualcuno, pescato a caso dal ripostiglio del destino, si accorse dello scatolo per strada, controllò, e vide che dentro taceva un bambino. Quindi di corsa al convento, prima che fosse tardi, dalle suore cui ogni tanto il Signore mandava un bimbo così, rifiutato. Una ragazza piangeva poche case più in là, con le mani sul ventre svuotato e il pensiero al figlio che le avevano appena portato via. Svuotata, anche lei. Le avevano messo tra i denti un fazzoletto perché i vicini non la sentissero gridare. Aveva trascorso chiusa in casa gli ultimi mesi della gravidanza, mentre tutti sapevano che era fuori, ospite di certi parenti. Le dissero che il tempo l’avrebbe guarita, che avrebbe sposato un uomo diverso, che sarebbe cresciuta»

Antonella Carta insegna Materie letterarie in un liceo. Dopo il romanzo Timoteo e il saggio Rousseau. Le fantasticherie, ha pubblicato con Mursia i romanzi Come nuvole di cotone (2020) e Come una pianta che spacca il cemento (2023).

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