Goldberg: E dolce m’è il naufragar in questo mare di note

 

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Le Variazioni Goldberg, composte da Johann Sebastian Bach fra il 1741 e il 1745 e dedicate a Johann Gottlieb Goldberg, maestro di cappella a Dresda, sono un’opera per clavicembalo composta da un’aria con 30 variazioni, che si conclude con aria da capo. Sono state interpretate da diversi musicisti e con diversi strumenti, sebbene, quando interpretate su strumenti diversi dal clavicembalo, diventano una vera e propria sfida per l’artista esecutore.

Cosa porta Stijn Celis a voler portare in scena proprio un’opera barocca di tale portata, nella versione musicale di Martin Stadtfeld? Da quanto lo stesso ha affermato in alcune interviste, questa di Bach è stata una delle prime composizioni dallo stesso ascoltato. Nacque, quasi in contemporanea, il desiderio di voler trasporre il tutto nel mondo della danza.

Del fastoso barocco, visualmente non rimane nulla a parte la locandina, rappresentante una ballerina completamente ricoperta d’oro. Quello che infatti gli spettatori della prima del 10 dicembre, trovano una scenografia die Jann Messerli, impostata sull’essenziale elementarità: una parete pentagramma, bianca, a scalini con fughe laterali. In tema anche i costumi di Catherine Voeffray: i ballerini assumo i ruoli dei diversi valori delle note (semibrevi, minime, semiminime e crome), con abbinamenti monocromatici o colorati, con abbinamenti tono su conto o per famiglie di colori. Il tutto viene sottolineato dalle installazioni video di Philipp Contag-Lada: pavimenti che si oscurano o si rischiarano a mo’ di macchia o fasce e giocano tra chiaroscuri.

75 minuti di note personificate, di ritmi incalzanti che si alternano a tempi soavi, movimenti estesi e tensioni muscolari all’ultimo tendine. Musica e danza si fondono: diventa impossibile staccare i movimenti di danza dalle variazioni musicali. Sincroni, speculari, antitetici o complementari, i virtuosismi si alternano ai canoni o a preludi, talvolta con ritmi puntati. Le note salgono di tono e, alla fine, riescono perfino ad uscire fuori dalla struttura musicale, dimostrando che l’eccellenza musicale trascende i limiti imposti ambendo alla sublime eccellenza.

Un lavoro coreografico meticoloso, quello di Stijn Celis e dei suoi 16 ballerini, che per la sua complessità di movimenti in accordo con la composizione musicale ambiziosa, è una chiara dimostrazione del duro e proficuo lavoro di gruppo.

Il pubblico è entusiasta: l’opulenza del barocco è nella danza.

 

Elisa Cutullè

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