Angelo Branduardi torna in Germania e in Lussemburgo

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Angelo Branduardi ritorna in Germania e in Lussemburgo. Sarà il 9 Aprile in Lussemburgo, l’11 a Saarbrücken e il 12 a Karlsruhe. Ripropiniamo la chiacchierata fatta qualche tempo fa.

 

Lei ha vissuto a Genova nel quartiere Porto. Sicuramente non una location di élite. Che ricordi conserva?

Bellissimi ricordi. Io ho avuto l’infanzia più bella che si possa immaginare anche se l’acqua corrente in casa ce l’abbiamo avuta quando io ormai avevo già 8 anni. Prima andavamo a prenderla alla fontana. Non vorrei parlare di come è il quartiere adesso. Ai miei tempi era un quartiere frequentato da prostitute e, normalmente, da contrabbandieri. Però io ero talmente diverso da loro da essere considerato un piccolo principe: venivano in massa a sentire i miei concerti. Mia mamma non ha mai chiuso  a chiave la porta dell’appartamentino in cui abitavamo. Non ce ne era bisogno.

 

Come e quando è invece nata la passione per la musica?

È nata perché i bambini cosiddetti disagiati di quel quartiere videro l’introduzione dell’asilo Montessori. In questo asilo è stata data una grande importanza alla musica. C’era una maestra che suonava il pianoforte e io chiesi di suonare il pianoforte. Il pianoforte, però, era troppo grande e costava anche troppo noleggiarlo, figuriamoci comprarlo. Mio padre era un melomane e disse: “ Perché no? Se vuol studiare musica sia!”. Casualmente mi portò da un maestro di violino. E qui, lo ricordo come se fosse oggi, quando il maestro aprì la custodia del violino io ebbi proprio un colpo al cuore. Per fortuna non ho suonato il pianoforte. Con tutto il rispetto per i pianisti, per me il pianoforte è come una macchina da scrivere.

 

Oltre al violino Lei però si è appassionato anche alla chitarra: Quale è lo strumento che sente più suo?

Assolutamente e solo il violino. Anche se io suono tanti strumenti. Suono discretamente il pianoforte, perché è obbligatorio come esame complementare, suono la chitarra, suono il flauto. Io però sono un violinista, sono nato violinista e morirò violinista.

 

Lei ha la fortuna di avere una famiglia che condivide la sua passione per la musica. Cosa significa vivere la musica a 360°?

Non c’è solo mia moglie che scrive i testi, anche le mie figlie sono musicalmente dotate. Una, la violoncellista, vive e lavora da nove anni a Londra, l’altra, pur essendo diplomata in pianoforte, fa tutt’altro. È una cosa bella, chiaramente unificatrice. Serve a lenire le pene e le sofferenze della vita ma anche a costruire una famiglia, un processo che richiede molto lavoro e molto sacrifici.

 

È un sacrificio per Lei allontanarsi dalla Sua famiglia quando si reca in tournée all’estero?

Una tournee all’estero non rappresenta per me un sacrificio.

 

Si sente a casa anche fuori dall’Italia?

Sì, direi di sì. Come diceva John Wayne,  “Casa è dove appendo il mio cappello” e, nel mio caso, dove ripongo il mio violino.

 

C’è una nazione, a parte l’Italia, in cui si sente particolarmente a casa?

Direi la Germania. Michael Ende, per esempio era un mio grandissimo amico. Ritengo che la Germania, a parte la parentesi totalitaria, che, comunque, non era esclusivamente colpa dei tedeschi, sia un paese colto, un paese serio che sa entusiasmarsi, non freddo come la gente crede. Al secondo posto anche l’Inghilterra, paese  democratico e liberale per eccellenza.

 

In Germania Lei è stato in tournee con la Laude di Francesco. Come si supera la barriera della lingua?

Semplicemente traducendo. In Germania l’abbiamo rappresentata in tedesco. È stato molto bello, molto gratificante.

 

Lei ha ricevuto tanti premi e tante onorificenze. Che peso e importanza hanno per Lei?

Ogni tanto ci penso e penso che mio padre ne sarebbe davvero stato molto fiero.

 

 

Per info e biglietti: Kultopolis

 

 

Elisa Cutullè

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