PISA – TEATRO VERDI – STAGIONE LIRICA 2016/17 – BILANCIO POSITIVO PER LE PRESENZE IN ABBONAMENTO E APERTURA “COL BOTTO” PER UN RIGOLETTO FIRMATO DA FEDERIGO BERTOLANI

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Un incremento dell’8% sugli abbonamenti alla stagione lirica è un segnale forte della intelligente politica del teatro, ed in particolare del direttore Artistico Marcello Lippi, fatta con pazienza e determinazione nel corso di questi anni. Una politica che, anno dopo anno, ha saputo cogliere i bisogni del pubblico di cartelloni con opere famose e messe in scena abbastanza tradizionali o comunque quasi mai dissacranti o troppo lontane dai canoni abituali, di belle voci non necessariamente big internazionali ma affidabili e coinvolgenti, di direttori  di buona  caratura capaci di coinvolgere le orchestre chiamate a suonare. Ingredienti semplici ma non scontati tutti insieme presenti in ognuna delle proposte:  fidelizzazione, ovvero recupero dei tanti che avevano abbandonato il teatro delusi, e proselitismo, ovvero lavoro nelle scuole e sul territorio per attrarre nuove presenze che non si erano mai avvicinate al teatro o lo avevano fatto solo sporadicamente. Ma la parola d’ordine risultata vincente è certamente affidabilità e credibilità.

Vieni in teatro anche se non conosci l’opera e troverai certamente un buon allestimento, delle buone voci e una buona direzione; scoprirai una nuova opera e ti garantirai comunque una piacevole serata: questa la proposta rinnovata ogni anno che ha reso possibile questa rinascita della lirica nel teatro di Pisa.

È stato così anno dopo anno e i numeri hanno premiato questa saggia politica che si è arricchita di eventi collaterali sempre più importanti, sempre più interessanti, sempre più aperti alle realtà culturali e formative della città. Dal progetto Opera da Camera con la proposta di opere inedite o di riletture di classici del Barocco, ai due grandi eventi, “Una gigantesca follia” dedicato alla figura di Don Giovanni, e “Demoni e angeli” dedicato al mito di Faust.

Ecco perché, anche quest’anno, il numero di abbonati alla stagione lirica è cresciuto dell’8%: perché, pur in un contesto economico difficile per il teatro e per il pubblico, non è venuto meno questo rapporto fiduciario che ha dato la spinta per premiare le scelte fatte da Marcello Lippi per una stagione molto articolata e per alcuni aspetti originale.

Aprire con Verdi appare d’obbligo per un teatro che porta il suo nome, farlo con una delle opere più conosciute ed amate come RIGOLETTO è certamente una carta vincente, e così è stato come vedremo poi.  Farla seguire da un raro Gounod come MORS ET VITA,  definita da Saint-Saens “una cattedrale sonora”, una vera scommessa. E che dire dell’anomalo “trittico” SUOR ANGELICA – GIANNI SCHICCHI – SACTA SUSANNA (le prime due di Giacomo Puccini, l’ultima di Paul Hindemith) in programma il 19 e 20 novembre? E di THE LITTLE SWEEP (il piccolo spazzacamino) di Benjamin Britten in programma a dicembre?

Certo, in cartellone c’è anche IL FLAUTO MAGICO di Mozart e la MANON LESCAUT di Pucicni, ma insieme a Il CAPPELLO DI PAGLIA DI FIRENZE di Nino Rota (progetto LTL Opera studio) e a DIDONE ABBANDONATA di Leonardo Vinci.

Bene, questo mix è stato accettato da coloro che abitualmente frequentano il teatro che non sono solo datati melomani ma uomini e donne di ogni età e  professione; ed è giusto e buono che sia così dal momento che la lirica non è fatta per un’elite di aficionados ma per tutti coloro che sanno amare, o che imparano ad amare, un genere musicale che è stato a lungo “popolare” dopo aver attraversato i palazzi dei nobili e degli aristocratici.

Così, mentre il pubblico si godrà questi spettacoli, il teatro è chiamato a pensare alla prossima stagione: chi la deciderà ancora non sappiamo dal momento che il mandato di Lippi è in scadenza; quello che è certo è che, chiunque eventualmente subentrerà al suo posto, dovrà fare i conti con il cammino fatto dal predecessore e proseguirlo, magari migliorandolo, continuando nel difficile equilibrio di affidabilità della qualità dell’offerta e contenimento dei costi e portando nuove idee, se le “vecchie” non sembrano più percorribili, per non perdere quella grande opportunità di far conoscere opere inedite affidate a giovani voci. Un binomio prezioso per un teatro di tradizione che può vantare di aver fatto da “padre” a compositori e librettisti che hanno cercato di continuare la tradizione operistica italiana.

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Ma veniamo alla prima di questa stagione dedicata ad una delle più famose opere del Maestro bussetano: RIGOLETTO.  Prima delle tre opere della cosiddetta trilogia popolare (con Il Trovatore e La Traviata), e tratto dal dramma di Victor Hugo Le Roi s’amuse, Rigoletto è insieme dramma politico, rivoluzionario, e dramma umano.

Un quasi tutto esaurito ha fatto da cornice a questa serata-evento che ha visto sul palco per i saluti il Presidente della Fondazione Teatro, Giuseppe Toscano, il sindaco di Pisa, Marco Filippeschi, e il Direttore Artistico per la lirica Marcello Lippi. Saluti non di prammatica che hanno voluto evidenziare quel positivo rapporto teatro-città che ha reso possibile in questo anni moltissimi sold out e un numero costante e significativo di presenze ad ogni opera.

L’allestimento del Rigoletto proposto per questa apertura d stagione  è quello del teatro Sociale di Rovigo in collaborazione con il Teatro di Pisa per la regia di Federico Bertolani. Un allestimento singolare nella sua essenzialità che fa a meno anche delle scenografie e dei costumi classici per porsi in un tempo senza tempo di straordinaria attualità. La scenografia, creata da Giulio Magnetto, ricorda una scatola che imprigiona i personaggi come i pensieri di Rigoletto e ne amplifica, enfatizzandole, le azioni che diventano simboli e metafore di una società corrotta e disposta a qualsiasi efferatezza. Il continuo muoversi di pannelli mobili che rappresentavano ora un vicolo di Mantova, ora la casa di Rigoletto, ora la locanda di Spafarucile è davvero suggestivo e accentua questa dimensione irreale/reale che circonda l’intera vicenda.

Ottime le luci: efficaci e pertinenti, hanno saputo dare un’impronta significativa a quello che accade in scena senza mai risultare invasive o inopportune. Ugualmente dicasi dei costumi di Mirella Magagnini che accentuano la cupezza della storia segnando, con la loro nera monocromaticità, il clima diffuso di un degrado fisico e morale che circonda i protagonisti. Uniche eccezioni, Monterone che, come afferma il regista “…con la sua maledizione è, a mio avviso, il cardine di tutta la storia; senza dimenticare che lui e Rigoletto sono i due grandi vecchi, i due padri, coloro che hanno vissuto forse un’epoca precedente, fondata su principi e su una gestione del potere ben diversi. Ma chi è dunque questo padre che viene di sua figlia a reclamar l’onore? Un oppositore politico, un folle paranoico o forse il doppio del buffone, la voce della sua coscienza?…” vestito di un candido completo; Gilda, anch’essa in bianco come i suoi pensieri, come la sua vita vissuta in una castità non scelta, prigioniera delle fobie del padre che la vuol sottrarre alle follie di quel mondo che egli ben conosce, e Maddalena, la cui rossa mise, al pari di quella del Duca, segna passione e morte.

Interessante anche l’idea del cambio di costume in scena per Rigoletto che, tornando a casa dalla figlia dismette i panni “ufficiali” (stessa mise della corte) per vestire quelli borghesi del padre e dell’uomo. Un mutare di ruolo che sarà il cuore del rapporto di Rigoletto con il suo mondo circostante: falso e crudele, com’è crudele la società nella quale si trova a vivere suo malgrado, nel suo ruolo pubblico, dolce e malinconico in un privato che lo ha visto privato dell’affetto più grande, quello della compagna, e che ha solo nella figlia un riferimento affettivo: “Patria!… parenti!… dici?… Culto, famiglia, patria, il mio universo è in te!”

A dirigere l’Orchestra Filarmonia Veneta, una giovane e talentuosa Gianna Fratta, insignita nel 2009 del titolo di Cavaliere della Repubblica da Giorgio Napolitano per i successi internazionali sia come pianista che come direttore d’orchestra. Una lettura della partitura verdiana che ha conquistato il pubblico che le ha tributato calorosi applausi ad ogni entrata di atto oltre a quelli, decisamente generosi, dedicategli alla fine ma che lascia perplessi per alcune scelte sulle quali si potrebbe discutere ma che nulla tolgono alla tensione emotiva e alla suggestione che quelle pagine sanno trasmettere. Qualche scollamento con i cantanti non è sfuggito ai più attenti ma, come spesso accade, è stato assorbito dal pathos dell’opera non creando evidenti danni.

Tutte decisamente interessanti le voci, a partire da Elia Fabbian, un Rigoletto vocalmente potente e scenicamente interessante che affida più alla mimica che al gesto i vari stati d’animo. Forse troppo teso alla ricerca di sonorità d’effetto, ha perso un po’ quella morbidezza che Verdi avrebbe voluto per questo personaggio complesso ed ambiguo, ma il pubblico, apprezzando l’effetto complessivo, l’ha ampiamente premiato durante la recita come nella passerella finale.

Non meno applaudita la soprano russa Ekaterina Sadovnikova, una Gilda credibile e gradevole con tanta voglia di interpretare questo delicato personaggio che sul finale mostra tutta la sua forza e determinazione.

Tanti applausi anche per il tenore meneghino Roberto Iuliano che, con la sua voce dotata di corpo e spessore, si è trovato talvolta in difficoltà nel non facile ruolo del duca di Mantova la cui tessitura sembra più adatta ad un tenore leggero. Ma la sua generosità è stata più forte e ne è uscita fuori una complessivamente positiva prova che ha avuto riscontro nel consenso del pubblico.

Decisamente interessante la voce del basso Antonio Di Matteo, Sparafucile, forse un po’ meno quella di Ivan Marino, Monterone, mentre complessivamente buona quella di Sofia Janelidze, una Maddalena minimalisticamente seduttiva ma fortemente decisa a non far uccidere il duca dal fratello.

Dignitoso il resto del cast: Elena Rosolin nei panni di Giovanna, Romano Franci in quelli di MarulloLuca Favaron, Borsa, Paolo Bergo il Conte di Ceprano, Simonetta Baldin la Contessa di Ceprano e il Paggio, assente in scena contrariamente a quanto normalmente in uso.

Interessanti sostituzioni nella recita della domenica nella quale il ruolo di Rigoletto era affidato all’esperto Sergio Bologna, quello del Duca di Mantova all’argentino Pablo Karaman, quello di Gilda ad un’altra russa, Venera Protasova e quello di Sparafucile a Francesco Palmieri.

 

Stefano Mecenate

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