TORRE DEL LAGO – 62° FESTIVAL PUCCINI – MAGICA, QUASI MISTICA, LA BUTTERFLY CON LE SCENE DI KAN YASUDA TORNA SULLE RIVE DEL LAGO DI PUCCINI

 

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“…pensavo: se qualcuno mi volesse forse lo sposerei per qualche tempo. Fu allora che il nakodo le vostre nozze ci propose. Ma, vi dico in verità, a tutta prima le propose invano. Un uomo americano! Un barbaro! una vespa! Scusate, non sapevo…”

Vale la pena ricordare queste parole pronunciate da Butterfly che spesso nel contesto dell’opera possono sfuggire: due i temi portanti, la possibilità mentale di sposare qualcuno “per qualche tempo” e il senso di rifiuto dell’americano ” Un barbaro, una vespa” tracciano una lettura se non diversa almeno più coerente di questo personaggio così complesso e articolato com’è la giovane Cio Cio San.

Del resto ancora lei dice di sé: “Eppur conobbi la ricchezza. Ma il turbine rovescia le querce più robuste… e abbiam fatto la ghescia per sostentarci. (…) Non lo nascondo, né m’adonto”. Dunque quella fragile farfalla è donna di mondo: conosce la durezza della vita e le regole del suo Paese per trovare una via di scampo alla povertà e le accetta, anzi le usa con consapevolezza.

Allo stesso modo fa, dall’altra parte, l’arrogantello luogotenente della cannoniera Lincoln, al secolo Sir Francis Blummy Pinkerton, “marina degli Stati Uniti, America del Nord”: “La vita ei non appaga se non fa suo tesor i fiori d’ogni plaga (…) d’ogni bella gli amor. (…) Così mi sposo all’uso giapponese per novecento novantanove anni. Salvo a prosciogliermi ogni mese”.

Fin qui, quindi, tutto regolare nonostante il saggio console americano Sharpless metta sull’avviso il testosteronico Pinkerton “…è un facile vangelo che fa la vita vaga ma che intristisce il cor”. E poco più avanti: “Sarebbe gran peccato le lievi ali strappar e desolar forse un credulo cuor.  (…) Badate, ella ci crede”

La risposta di Pinkerton è inequivocabile: “Non c’è gran male s’io vo’ quell’ale drizzare ai dolci voli dell’amor!” e subito dopo: “Sharpless [alzandosi, leva il calice] Bevo alla vostra famiglia lontana. Pinkerton [si alza e leva esso pure il bicchiere] E al giorno in cui mi sposerò con vere nozze, a una vera sposa… americana”.

Dunque dove nasce il cortocircuito che genera la tragedia? Forse quel “ella ci crede” che propone Sharpless oppure quel “…Adesso voi siete per me l’occhio del firmamento. E mi piaceste dal primo momento che vi ho veduto. Siete alto, forte. Ridete con modi si palesi! E dite cose che mai non intesi. Or son contenta, or son contenta” pronunciato in modo così ingenuo e spontaneo da Butterfly può aiutarci a capire?

Magari davvero, come ci ha detto una grande interprete di Butterfly come Maria Pia Ionata, tutto sta in quelle brevi parole di Butterfly: “Vogliatemi bene, un bene piccolino, un bene da bambino quale a me si conviene, vogliatemi bene. Noi siamo gente avvezza alle piccole cose umili e silenziose, ad una tenerezza sfiorante e pur profonda come il ciel, come l’onda del mare”. Forse davvero quel “fior di ragazza” perde di vista l’interesse e l’opportunità di un matrimonio a scadenza per perdersi in un sogno più grande di lei.

Un sogno a senso unico che vede colpevole Pinkerton solo di averlo (forse) assecondato essendo lui stesso coinvolto da quella giovane giapponese. “Amore o grillo, dir non saprei. Certo costei m’ha coll’ingenue arti invescato”. Anche se, a onor del vero, precisa subito dopo: “qual farfalletta svolazza e posa con tal grazietta silenzïosa che di rincorrerla furor m’assale se pure infrangerne dovessi l’ale”.

Furore, anche se fa rima con amore, non gli è nemmeno parente: tutt’altro sentimento che vede il due protagonisti lontani tra loro mille miglia, l’uno alle prese con una bella avventura da vivere senza esitazioni, l’altra costruire un castello di sogni destinati ad infrangersi contro la dura realtà.

Ma questa storia di equivoci, in mano a Puccini è diventato un capolavoro! Forse una delle più belle pagine del melodramma mondiale, certamente una delle più belle e dense (musicalmente e contenutisticamente) delle opere pucciniane. Ci sembra quasi impossibile che abbia conosciuto il fiasco scaligero alla prima del 17 febbraio 1904 , che Puccini possa avere scritto all’amico Camillo Bondi:  “Con animo triste ma forte ti dico che fu un vero linciaggio. Non ascoltarono una nota quei cannibali. Che orrenda orgia di forsennati, briachi d’odio. Ma la mia Butterfly rimane qual è: l’opera più sentita e suggestiva ch’io abbia mai concepito. E avrò la rivincita, vedrai, se la darò in un ambiente meno vasto e meno saturo d’odi e di passioni...” , che Giulio Ricordi ci mostri uno spaccato così crudele di quella serata: “Grugniti, boati, muggiti, risa, barriti, sghignazzate, i soliti gridi solitari di bis fatti apposta per eccitare ancor di più gli spettatori, ecco, sinteticamente, qual è l’accoglienza che il pubblico della Scala fa al nuovo lavoro del maestro Giacomo Puccini. Dopo questo pandemonio, durante il quale pressoché nulla fu potuto udire, il pubblico lascia il teatro contento come una pasqua“.

Riascoltarla, ogni volta mette i brividi e ci lascia perplessi e pensosi, immancabilmente dalla parte di lei specie dopo il commovente “Tu, tu piccolo Iddio” che precede la sua morte.

 

Anche questa volta, alla prima dell’opera al 62°Festival Puccini, ci siamo commossi, anzi doppiamente commossi, per l’opera e per la “misticità” dell’allestimento firmato da Kan Yasuda.

Un allestimento datato che ha visto i natali nel 2000 ma che non ha mai perso la sua suggestione e il suo valore simbolico in questi anni nei quali ha girato il mondo.

Una serata davvero piacevole che ha trovato un folto pubblico ad accogliere questa produzione che ha in  Vivien Hewitt, regista, Regina Schrecker, costumi, e Kan Yashuda, scene, (una triade quasi perfetta) il suo punto di forza.

Una regia sapiente, quella di Vivien Hewitt, sempre più capace di scavare nei personaggi, sempre più capace ci soffermarsi e coinvolgersi nei particolari che sono la sostanza di quest’opera. Una regia minimalista ma efficace che accompagna la vicenda senza mai prevalerla o alterarla, nel grande rispetto delle volontà del compositore al quale l’opera, scritta proprio sulle rive del lago di Torre, era particolarmente cara.

Raffinati, essenziali atemporali e al contempo pertinenti i costumi di Regina Schrecker che ha saputo cogliere il senso di questa storia affidando al segno estetico il compito di contestualizzarla senza rischiare di schiacciarla in un didascalismo di maniera.

Se Donata D’Annunzio Lombardi è ormai una certezza come Butterfly, perfettamente padrona del personaggio a cui offre la sua voce capace di modulare le mille sfumature del personaggio con assoluta sicurezza oltre che con grande passione, un piacevole ritorno è stato quello di Annunziata Vestri che nel 2012 aveva cantato nello stesso allestimento il ruolo di Suzuki. Una voce importante che caratterizza bene il personaggio insieme ad una buona interpretazione. Piacevole “scoperta” quella del tenore messicano Hector Lopez che ha sostituito, senza farcelo rimpiangere, Walter Fraccaro. Voce certamente da migliorare ma incisiva e coinvolgente capace di dare spessore al personaggio di Pinkerton.

Forse un po’ precoce per Raffaele Raffio il ruolo del Console Sharpless: pur possedendo di base una buona vocalità (lo avevamo apprezzato in Schaunard nella Boheme), ha faticato a dare al personaggio la consistenza che merita specialmente come personaggio centrale della vicenda, baricentro tra Butterfly – l’Oriente e Pinkerton – l’Occidente.

Ha bissato la buona performace al Festival Pucciniano, dove ha debuttato quest’anno, Tiziano Barontini che, dopo essersi rivelato come un interessante Pang nella Turandot, ha ben interpretato il non facile ruolo di Goro confermando la sua buona vocalità ed una ottima capacità interpretativa.

Plauso a Claudio Ottino, Yamadori, e a Seung Pil Choi, lo zia Bonzo mentre un meritatissimo riconoscimento va dato al M° Eddi De Nadai che ha diretto con grande precisione ma anche con grande passione l’Orchestra del Festival Puccini regalandoci momenti di vera estasi.

 

Madama Butterfly tornerà in una serata magica al Gran Teatro Puccini di Torre del Lago, quella di San Lorenzo, il 10 agosto con Antonella Carpenito al posto di Annunziata Vestri e di Simone di Giulio al posto di Hector Lopez, voci da ascoltare perché promettono di rinverdire i fasti di chi li ha preceduti.

 

Stefano Mecenate

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