Incontro con Jacopo Sipari di Pescasseroli

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Per approfondire meglio l’opera Turandot del Puccini Festival,  abbiamo voluto intervistare il direttore, Jacopo Sipari di Pescasseroli al quale abbiamo rivolto alcune domande.

 Dopo Boheme, Turandot: quali emozioni le h dato dirigere queste due opere a Torre del Lago?

Indubbiamente l’emozione piu’ grande della mia vita. Una esperienza straordinaria: l’idea di dirigere vicino al grande Maestro circondato dalle atmosfere che furono quelle che ispirarono il suo indiscusso genio è indescrivibile. La cosa più bella è stata avvertire questa enorme sinergia e comunione con gli Artisti, l’orchestra (che ha dimostrato ancora una volta una assoluta professionalità e grande elasticità musicale) e con il pubblico che sentivo dietro di me respirare con tutti noi e vivere pienamente il miracolo di queste opere. Si aggiunga a questo il fatto che dirigere a distanza così ravvicinata due capolavori intrinsecamente diversi mi ha dato la possibilità di vivere pienamente tutta la gamma spettrica delle idee musicali del Maestro trasportandomi in un altro mondo. In poche parole, un sogno che si avvera.

 

Ci può accompagnare all’interno della partitura di Turando? Quali “misteri” nasconde? Quali pagine, oltre a quelle ormai celeberrime, meritano di essere segnalate?

 Turandot rappresenta certamente la summa del genio di Giacomo Puccini: racconta tutta la sua vita di musicista e, soprattutto di uomo. Questo sovrapporsi incredibile di sentimenti e stati d’animo che si rincorrono incessantemente e che si evolvono con imprevista andatura attraverso la scrittura musicale ne tratteggiano un capolavoro mondiale a cui bisognerebbe fare continuamente riferimento. La cosa che mi ha sempre colpito, studiando l’opera, è il fatto che una storia che racconta un’impresa fondamentalmente titanica (come tutte quelle legate alle grandi favole d’oriente) si trasforma nel più grande successo della nostra umanità. E’ proprio quando Calaf raggiuge la sua “divinità” conquistando la “vetta della montagna” che rivela il suo “nome”, la cosa più umana che c’è, il primo appellativo che si lega a noi uomini quando nasciamo, l’elemento che individua la nostra umanità. I tre atti, in questo sono costruiti in forma straordinaria dando risalto a questa discesa verso la nostra “umana divinità” che trova massimo compimento proprio nella morte di Liu dove il Maestro Puccini tratteggia dei momenti di ispirazione musicale di bellezza difficilmente descrivibile.

 

Il finale di Turandot, eterno cruccio di chi affronta, musicalmente o registicamente quest’opera: cosa ne pensa sulle scelte fatte per dare conclusione a quest’opera e come, secondo lei, sarebbe più giusto finisse?

 Il fascino di Turandot è legata soprattutto a questo finale. Non è giusto, però, neanche mistificare le operazioni compiute da grandi Maestri come Alfano o Berio che hanno provato ad interpretare, come meglio hanno creduto, una conclusione assolutamente non ovvia come, del resto, tutte le conclusioni delle storie “umane”. La ricerca continua di sentimenti umani che caratterizza tutta la spina dorsale delle opere pucciniane non conducono secondo me a pensare ad un finale estremamente scontato: da questo punto di vista ho sempre pensato all’opera come qualcosa di fondamentalmente non concluso e che tale dovrebbe rimanere quanto meno nell’animo di chi suona così come di chi ascolta. La bellezza e il fascino sta soprattutto in questo. Per quanto riguarda l’esecuzione della Prima abbiamo deciso di optare per il finale tradizionalmente utilizzato di Alfano mantenendo intatta anche l’aria della Principessa “Del primo pianto”, secondo me non solo estremamente bella ma anche funzionale alla corretta comprensione “emotiva” del personaggio prima e dell’opera poi. Cio’ nonostante, abbiamo deciso di interrompere momentaneamente per un minuto la rappresentazione al momento della morte di Liu con tutta l’orchestra in piedi.

Ping, Pang, Pong : non marionette o figure grottesche ma uomini con sentimenti profondi e profondi pensieri. Come vede, anche musicalmente, questi personaggi?

 Le tre maschere pucciniane sono davvero un’autentica e geniale trovata del Maestro Puccini e si inseriscono in una lunghissima tradizione di classica memoria. Con l’orchestra così come con i tre stupendi artisti abbiamo lungamente lavorato sui vari momenti del primo, secondo e terzo atto cercando di dare risalto proprio a questo continuo contrasto di sentimenti incarnati dai tre capaci di essere allo stesso tempo freddi nella testimonianza e estremamente emotivi nel ricordo e nel racconto. Di estrema bellezza il momento finale a loro dedicato nel terzo atto quando, proprio dinanzi alla morte di Liu, il sacrificio vero per amore di una donna-schiava che proprio per questo non poteva che donarsi senza pretendere nulla in cambio, commentano “Questa fanciulla spenta pesa sopra il mio cuore come un macigno – svegliato s’è qui dentro il vecchio ordigno, il cuore, e mi tormenta – ah per la prima volta a vedere la morte non sogghigno”, tutto tratteggiato musicalmente con una perizia senza eguali.

Ecco ancora il “principio di umanità pucciniana” come amo definirlo, il seme della nostra bellezza che per quanto custodito dietro una, due o tre “maschere” alla fine, dinanzi alla “verità” del nostro cuore, sobbalza senza timore fuori da ogni logica, fuori da ogni ruolo, fuori da ciò che, al contrario, il mondo vorrebbe che fosse.

 

 E dopo il festival Pucciniano, quali altri impegni? E quali “sogni” realizzabili?

 Dopo questa esperienza unica al Festival, mi dedicherò in primis al classico concerto nel mio paese d’origine, Pescasseroli, quindi partirò per Israele prima per poi tornare a Roma dove mi aspetta un importante concerto con una grande cantante di musica italiana in Settembre e poi per i tre mesi successivi il grande progetto SACRUM – omaggio ai più grandi capolavori di musica sacra – un progetto che prevede la realizzazione di grandi concerti di musica sacra nelle più belle Basiliche Romane.

A Dicembre, il classico concerto annuale con una grande star americana (l’anno scorso fu Anastacia).

 

Stefano Mecenate

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