#Grexit. Il “J’accuse” di Paolo Savona

Paolo Savona

Paolo Savona, J’accuse. Il dramma italiano di un’ennesima occasione perduta, Rubbettino 2015, pp. 84, € 8,00

La crisi greca conferma che l’architettura istituzionale europea è difettosa e le politiche economiche che da essa promanano non consentono di attuare gli obiettivi di sviluppo dettagliatamente previsti dall’art. 2 del Trattato di Lisbona. Questa è la tesi di fondo del pamphlet J’accuse edito da Rubbettino, in libreria da pochi giorni, nel quale Paolo Savona chiama in causa Juncker, Draghi, Padoan, Visco, il Governo italiano e la Banca d’Italia accusandoli della miopia con cui affrontano la crisi europea e invitandoli a prendere atto del vero problema e a impegnarsi a cambiare i modi d’essere delle istituzioni europee per la sopravvivenza dell’euro e dello stesso mercato comune. Una particolare sollecitazione è rivolta alla Banca d’Italia che ha perso il suo ruolo storico di orientamento delle scelte del Paese difendendo ossessivamente le politiche di riforma europee per rendere la nostra economia più competitiva, accettando senza reagire che un eccesso di risparmio pari a ciò che manca alla domanda interna, resti inutilizzato per vincoli posti alle nostre scelte dalle interpretazioni restrittive dei Trattati europei.
Facendo seguito alla sua diagnosi delle eresie e degli esorcismi della politica economica italiana, pubblicata nel 2012, sempre per Rubbettino, che ha raccolto molti consensi e ricevuto due riconoscimenti autorevoli, con questo nuovo pamphlet l’Autore traccia un quadro organico dei problemi urgenti che l’Italia deve affrontare al suo interno e in Europa. Egli muove tre J’accuse ai Governi che si sono succeduti dal 2008, data di inizio della crisi finanziaria mondiale: quella di aver trascurato di riaccendere il secondo importante motore della crescita italiana, le costruzioni, come hanno fatto gli Stati Uniti e la Germania; quella di considerare la crescita reale come il principale problema italiano, mentre lo è la spaccatura economica e politica tra il Nord e il Sud; quella di aver aumentato imposte e tasse per sanare la finanza pubblica, mentre le ha usate per accrescere la spesa pubblica primaria. Completano il quadro quattro lettere aperte destinate ai protagonisti della crisi – Juncker, Draghi, Visco, Padoan – e una rivolta al Governo e alla Banca d’Italia, invitandoli a cambiare obbiettivi perseguiti e strumenti usati al fine di invertire la traiettoria verso il sottosviluppo del Paese.

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