Una brezza napoletana a Saarbrücken

Le voci di dentro di Eduardo De Filippo regia di Toni Servillo(c) Fabio Esposito

Quello che lo scorso 21 marzo non passato inosservato allo Staatstheater di Saarbrücken è che in teatro si sentiva parlare l’italiano in tutte le sfumature dialettali che la lingua italiana offre. All’interno del progetto Teatri d’Europa, in coproduzione con il Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Teatro di Roma, Teatri Uniti di Napoli, in collaborazione con il  Théâtre du Gymnase, Marsiglia (Francia) è stata portata in scena l’opera di Eduardo de Filippo “Le voci di dentro” per la regia di Toni Servillo.

Il Piccolo Teatro di Milano, che ha raggiunto a livello internazionale una fama senza uguali è stato fondato nel 1947 da Giorgio Strehler e Paolo Grassi nella città di Milano. La visione dei due era quella di creare una realtà teatrale diversa: intelligente e di élite. Un teatro sempre vicino al pubblico ma che mai si sarebbe svenduto o sottovalutato nella sua essenza. Un concetto molto caro anche a Toni Servillo , regista e attore, conosciuto dal grande pubblico per il suo ruolo ne “La Grande Bellezza”: non solo ha messo in scena la commedia di De Filippo, ma vi ha portato anche suo fratello Peppe Servillo e un interessante gruppo di attori.

Sogno o realtà? Illusione o certezza? Fiducia o diffidenza? Questi i sentimenti che si alternano con ritmo vibrante e serrato in scena.

Lo spettatore vede, all’inizio una scena scarna: una credenza (immancabile negli accessori di scena delle opere di De Filippo) un tavolo e due sedie. Con un gioco di luci, si incontra la prima protagonista, la cameriera Maria che si riposa in pose non proprio femminili. Arriva poi in scena la seconda donna, la zia Cimmaruta che sollecita la preparazione della colazione. In quell’istante Maria si ricorda il sogno, o meglio, l’incubo fatto al notte precedente. Con una vividezza di particolari e un monologo molto plastico, evidenzia lo schifo provato dalla presenza di quel verme che la accompagnava per la città.

De Filippo, introduce così, in maniera quasi naturale, quale sarà il tema della sua opera: le voci di dentro, quelle senza zioni interiori che stimolano le nostre cellule celebrali a tal modo da rendere impossibile la distinzione tra sogno e realtà. Infatti il protagonista Alberto Saporito commette proprio questo “errore”: sogna che i vicini Cimmaruta abbiano ucciso l’amico Amitrano (in realtà ammalato e in casa della zia) e, credendoci, li denuncia. Inizia così un gioco di accuse reciproche: nessuno si fida più dell’altro e tutti i membri della famiglia Cimmaruta ritengono un altro membro della famiglia responsabile dell’omicidio, tutt’ora non provato. Quando Amitrano finalmente si sente meglio e cerca l’amico, allora sarà proprio Alberto Saporito ad accusare gli altri di essere diffidenti nei confronti degli altri e poco coerenti, pur essendo stato lui il primo a credere in questa mostruosità.

Eduardo De Filippo affermava che con appena cinque commedie fosse possibile rappresentare la storia umana e, proprio con questa opera  dimostra l’incertezza dei sentimenti umani, la condizionalità della mente umana e la diffidenza innata.

Nella rappresentazione del 1978 i fratelli Saporito furono interpretati da Eduardo e Luca De Filippo (padre e figlio): un legame familiare che Toni Servillo ha voluto in parte emulare affidando la parte del malandrino Carlo Saporito proprio al fratello Peppe Servillo, frontman degli Avion Travel nonché attore e autore La sinergia tra i fratelli si estende anche a tutto il cast: Betti Pedrazzi, Chiara Baffi, Marcello Romolo, Lucia Mandarini, Gigio Morra, Antonello Cossia, Vincenzo Nemolato, Marianna Robustelli,
Daghi Rondanini, Rocco Giordano, Maria Angela Robustelli e Francesco Paglino riescono a portare in scena un pezzo di Napoli, facendo dimenticare al pubblico dove si trovano.

Si sente una risata qua e là e, dopo un po’, si nota che anche gli spettatori non madrelingua, smettono di leggere di sottotitoli e sì lasciano trasportare in questo mondo dei quartieri napoletani.

Quando il tutto finisce, sembra quasi troppo presto e la standing ovation del pubblico afferma quanto già sospettato: con un breve excursus nella psiche umana, Toni Servillo è riuscito a dimostrare che la blanda descrizione dell’uomo e delle sue azioni, non sempre lodevoli, costituiscono un momento d critica sociale, ma anche di riflessione.

 

 

Elisa Cutullè

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